Economist contro Meloni: "Non moderata". Chi c'è dietro: bomba su John Elkann
Dalle "radici fasciste" alla lobby dei balneari sostenuta dal governo di centrodestra, è un fuoco di fila contro Giorgia Meloni. Che l'attacco, duplice e violentissimo, arrivi dal The Economist, prestigioso quotidiano politico e finanziario britannico, non deve però stupire né far pensare che la "luna di miele" tra Palazzo Chigi e le segreterie internazionali si sti interrompendo bruscamente. Dagospia, infatti, fa notare come il giornale londinese, lo stesso che una quindicina di anni fa si accaniva contro Silvio Berlusconi considerato "unfit", non adatto a guidare l'Italia, sia oggi di proprietà di John Elkann. Lo stesso editore di Stampa e Repubblica, che con l'E-comunist (come lo aveva ironicamente ribattezzato il Cav) condivide linea e toni. Non è un caso, insomma.
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E infatti, scrive Dago, "la luna di fiele di Giorgia Meloni con i giornali internazionali è partita". Certo, le misure che in Europa vengono giudicate "stataliste" e "sovraniste" (dalla tassa sugli extra-profitti bancari ai rinvii sulla firma al Mes, per arrivare alle indiscrezioni sui crediti deteriorati) mettono effettivamente in allarme gli ambienti più vicini all'alta finanza, e questo però non è necessariamente un male soprattutto in chiave di consenso interno. Secondo un sondaggio di Lab21.01 pubblicato dal Secolo d'Italia, il governo Meloni (che sul suo essere alternativo ai "poteri forti" ha puntato tantissimo in campagna elettorale, a un anno dall'insediamento è quello che registra il più alto gradimento dai tempi di Berlusconi: la leader di Fratelli d'Italia è al 59% contro il 41% di Enrico Letta, batte Matteo Renzi 54% a 46% e Giuseppe Conte 53% a 47%, pareggia con Mario Draghi. Solo Berlusconi ha la meglio, di misura, con il 52 per cento.
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"Dopo le critiche di Bloomberg, Financial Times e Cnbc - sottolinea Dagospia -, ora a metterci il carico è il settimanale The Economist, di proprietà di John Elkann, con una doppia pagina velenosissima". "Non è così moderata, dopo tutto", titola uno dei due articoli in questione. Ma a giudicare dal verdetto degli elettori italiani, almeno per ora, alla Meloni va benissimo così.
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