Generale Vannacci, gioco sporco a sinistra: "Meloni peggio di lui"
È un’operazione tanto semplice quanto scorretta quella che realizzano Stampa e Repubblica dopo aver riesumato un libro scritto da Giorgia Meloni nel 2019 su «origini, rituali, crimini» della «Mafia nigeriana». L’operazione, in più passaggi, è questa: sfogliare un volume scritto quattro anni fa su un fenomeno criminale specifico - la piaga della mafia nigeriana, appunto, i cui traffici sono stati svelati anche grazie ai pentiti - estrapolarne i passaggi più forti, tirare la conclusione che nel libro sono contenuti messaggi razzisti, emettere la sentenza: Meloni certe cose le scriveva, e quindi le pensava, ben prima del generale Roberto Vannacci, che le avrebbe messe nero su bianco nel 2023. E poiché, ecco il sottinteso più surreale, il paracadustista è stato “destituito” in attesa del procedimento disciplinare - da oggi lascia il comando dell’Istituto geografico militare di Firenze su decisione dello Stato maggiore dell’esercito- perché la premier non dovrebbe seguire la stessa sorte?
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«IDIOZIE RAZZISTE»
Le descrizioni dei richiedenti asilo nigeriani, l’analisi delle conseguenze del «migrazionismo» e della tendenza a delinquere - soprattutto nel campo del mercato della droga - per i due quotidiani del gruppo Gedi fanno del volume scritto a quattro mani da Meloni e dal professor Alessandro Meluzzi una sorta di vademecum del razzista perfetto. «Al cui confronto il generale Vannacci è un sincero democratico», sentenzia Luca Bottura sulla Stampa. Si tratta di 116 pagine «che al confronto Forza Nuova è Pier Ferdinando Casini», aggiunge l’ex conduttore radiofonico di Radio1. Nientemeno. Eppure non è uno scherzo: «Ministro Crosetto: che facciamo, destituiamo pure qui?» (nel senso di Meloni, ndr). Vabbè, il titolare della Difesa non ha il potere di destituire il capo del governo, ma il messaggio è chiaro. «Tutti gli esponenti di Fratelli d’Italia che ogni giorno postano o dicono idiozie razziste» non fanno altro che citare «un libro (e moschetto): quello di Giorgia Meloni.
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Altro che Vannacci: il vero «libro nero» è quello del capo del governo. È lì, scrive Repubblica, che si trovano gli stessi «concetti e argomentazioni» che pochi giorni fail ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha definito «farneticazioni». E quindi, per il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, per la proprietà transitiva sono «farneticazioni» pure quelle di Meloni del 2019, visto che quel volume presenta «un bel concentrato di razzismo e complottismo che ha anticipato di parecchio teorie ed elucubrazioni di Vannacci». «Razzismo e complottismo», scrive Repubblica. Eppure è lo stesso quotidiano che sul fenomeno della mafia nigeriana ha pubblicato, proprio nel 2019, una mappa interattiva per illustrare - da nord a sud - dove si annidano i «clan» che stanno «occupando le città con violenza e omertà». Ecco l’introduzione al reportage: «Guardate la mappa qui accanto. Regione per regione, città per città, indica il radicamento dei Cult, le confraternite nate nei campus nigeriani a partire dagli anni Cinquanta e diventate il brodo di coltura della più violenta e tribale criminalità organizzata straniera nel nostro Paese». Ad agosto nello stesso anno, l’anno del libro Meloni-Meluzzi, anche La Stampa accese il faro sui nigeriani: «Tra riti di affiliazione e sangue, così la mafia nigeriana cerca di conquistare l’Italia».
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ALTA TENSIONE
Lo scontro sul libro di Vannacci sta creando tensioni anche nell’esecutivo. Ieri è tornato a farsi sentire Crosetto, risentito per le critiche provenienti (anche) da destra per la sua decisione di censurare l’ufficiale: «Se il generale avesse scritto un libro sostenendo tesi opposte a quelle che sostiene, io mi sarei comportato esattamente allo stesso modo, da Ministro. Chi mi attacca, da una parte o dall’altra, si sarebbe comportato all’opposto. Si, siamo diversi, e molto». A fianco di Vannacci, invece, si schiera senza esitazione Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura: «Potrà ancora scrivere e parlare o dovrà essere umiliato dalla dittatura della minoranza attraverso l’autorità dello Stato? Questo è regime».