Salario minimo, la sinistra critica chi prova a parlarle
Il giorno dopo l'incontro a Palazzo Chigi sul salario minimo, le distanze tra maggioranza e opposizione sembrano aumentare ancora di più. Se Meloni, in una lettera al Corriere della Sera, si dice «soddisfatta del confronto», perché «rispettoso e costruttivo» e rilancia la proposta di affidare al Cnel la stesura, entro 60 giorni, di una proposta complessiva, dall’altra parte si risponde con una serie di mobilitazioni. Il Pd ha fatto sapere che, durante tutte le feste dell’Unità, lancerà una raccolta di firme per sostenere la proposta di legge sul salario minimo presentata dalle opposizioni. La speranza è di raggiungere un milione di firme. Il M5S, invece, proverà ad attivarsi sia online, sia attraverso gli oltre 150 gruppi territoriali sparsi nel Paese. Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha promesso una «mobilitazione imponente» (Angelo Bonelli) tra piazze, feste di partito e spiagge.
DIVERGENZE
Del resto anche i commenti misurano l’abisso tra le posizioni. Incontro «inconcludente», «fallimentare», «inutile» per le opposizioni, laddove per la maggioranza si è fatto un passo avanti. Nel muro contro muro si smarca Matteo Renzi, che all’incontro non era andato, e con un video su Instagram lancia una proposta: riapriamo il Parlamento e discutiamone. «L’Italia», ha spiegato il leader di Italia Viva, «ha le tasse sul lavoro tra le più alte d’Europa, ma gli stipendi fra i più bassi. Davvero la Meloni pensa di risolvere questo problema con una passerella d’agosto a Palazzo Chigi?». Per Renzi l’incontro di ieri si è risolto con un «nulla di fatto». Peggio che peggio, la proposta di affidare una proposta a quel Cnel che Renzi, nella sua riforma costituzionale (bocciata dal referendum) aveva proposto di abolire. «Se davvero vogliamo trovare una soluzione si riapra il Parlamento anche ad agosto e venga la Meloni a portarci le idee del governo e noi diremo di sì odino».
Proposta che coincide con quella di Più Europa: «Come previsto», spiegava Riccardo Magi, «quella di ieri era una passerella del governo. Per noi di Più Europa la strada maestra resta la discussione parlamentare».
Idem aprono, poi, un fronte che ha per oggetto la ministra del Lavoro: «Ci domandiamo se l’Italia ha ancora una ministra del Lavoro. Se tutto viene demandato al Cnel, di cosa continuerà a occuparsi la Calderone?», si chiedevano in una nota i deputati della commissione Lavoro della Camera, Arturo Scotto, Emiliano Fossi, Chiara Gribaudo, Mauro Laus e Marco Sarracino. L’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, M5S, definisce «inconcludente» l’incontro di venerdì. «Su un tema così rilevante, che interessa 3,6 milioni di lavoratori, dal governo non abbiamo ascoltato alcuna proposta se non quella di coinvolgere il Cnel», ha spiegato l’ex ministra. Per Bonelli, Avs, «l’incontro di ieri è stato un vero e proprio fallimento delle politiche di Giorgia Meloni: zero idee e solo tanta propaganda».
SENSIBILITÀ
La maggioranza, invece, difende la scelta di affidare al Cnel una proposta: è una decisione, ha spiegato Fabio Rampelli, FdI, che «valorizza un organo di rilevanza costituzionale che si occupa statutariamente di questo, strappando la futura normativa alle strumentalizzazioni politiche, agli estremismi ideologici». Anche nella maggioranza, però, emergono sensibilità diverse. Per Matteo Salvini la strada per aumentare i salari non è una nuova legge, ma creare lavoro: «Sto lavorando giorno e notte per aprire cantieri, siamo al livello minimo di disoccupazione da 14 anni a questa parte, quindi conto che non ci siano salari minimi ma stipendi buoni e lavori buoni per milioni di italiani», ha spiegato alla Versiliana. E un distinguo arriva anche da Forza Italia, con il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, FI, che propone «la detassazione degli straordinari, delle tredicesime e la prosecuzione della politica del taglio del cuneo fiscale» per «aumentare il potere d’acquisto». Anche i Radicali Italiani sono pronti a una raccolta di firme. Ma distinta da quella di Pd, M5S e Avs. Dal 15 luglio partiranno i banchetti.