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Stefano Bonaccini, fine bruttissima: come si è ridotto l'anti Schlein

Pietro De Leo
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La politica, si sa, corre veloce. Mutano profili e messaggi, spesso si fa l’“update”, l’aggiornamento, come accade per l’applicazione dei telefonini. Dunque, prendendo per buono questo principio, pare esser di fronte ad un nuovo Stefano Bonaccini. Del tutto differente, per non dire opposto, rispetto a quella figura che, mesi fa, aveva conquistato la sua quota di protagonismo nel contesto nazionale, nella corsa alla leadership del Pd (in cui partiva da strafavorito), affermando la concezione di un partito molto realista, calato sui territori, inclusivo e teso a superare i cliché di una sinistra che fa della demonizzazione dell’avversario un punto qualificante, ma quasi sempre perdente. I suoi detrattori a sinistra, ai tempi delle primarie, gli rimproveravano la riproposizione addirittura di un messaggio neo-renziano in assenza di Renzi. Oggi, invece, quella dimensione pare abbandonata.

 

 

 

AGGRESSIVITÀ

Troviamo un Bonaccini muscolare nelle tesi, che forse mira ad irrobustire il messaggio politico in vista di una candidatura alle europee. O più probabilmente si è fatto contagiare dallo “schleinenismo”, da Elly Schlein, ovvero quella prassi comunicativa assai monopolizzata dalle pulsioni ideologiche tipica della segretaria Pd, che peraltro alle primarie lo ha sconfitto. A riprova ecco quel che Bonaccini ha detto ieri, partecipando alla cerimonia di commemorazione per il 79esimo anniversario della strage nazista di Sant’Anna di Stazzema. Occasione in cui ha puntato il dito contro «rigurgiti di fascismo che sempre più spesso vediamo riaffiorare in maniera che a qualcuno potrà risultare grottesca ma non per questo meno pericolosa». E ha espresso sdegno, il presidente del Pd, verso «le voglie di nazionalismo e sovranismo presenti in Europa e nel Paese», affermando che «la democrazia non è scontata».

 

 

 

Insomma, uno scenario non proprio rassicurante, quello che dipinge Bonaccini. Andando poi più nel particolare delle questioni, «ricordo l’aggressione ad alcuni ragazzi di un liceo di Firenze, colpiti da membri di un’associazione di estrema destra, con il ministro dell’Istruzione che condannò più la reazione della preside che l’aggressione stessa». Insomma, un racconto pienamente “schleineniana” dell’accaduto. La rissa fu di certo grave e e condannabile, ma nacque da un parapiglia generato dal tentativo di impedire agli attivisti di destra di fare volantinaggio. E val anche la pena ricordare che la reprimenda del ministro dell’Istruzione alla preside di un altro liceo della città nacque dal fatto che la dirigente, nella lettera con cui condannava l’accaduto, riconduceva nell’alveo del fascismo alcune pulsioni politiche pienamente legittime come la difesa delle frontiere. Ricordiamo, peraltro, che Schlein proprio alla manifestazione, ovviamente contro l’incombente pericolo fascista, nata da quell’episodio segnò il suo “esordio” sul palco nazionale dopo la vittoria alle primarie. Ora, Bonaccini pare sposarne pienamente i retaggi. Che non risparmiano, ovviamente, il bersaglio privilegiato quando si tratta di questi temi, ovvero il presidente del Senato Ignazio La Russa: «Si vanta di esporre con orgoglio in casa cimeli fascisti, dimostrando la sua totale inadeguatezza al ruolo così importante che ricopre», accusa il presidente dell’Emilia Romagna. Facendo così sfumare quel profilo da interlocutore politicamente lucido e molto post-ideologico che aveva fatto emergere durante la campagna elettorale per le primarie.

 

 

 

LE DIFFERENZE

Faccia, il lettore, copia e incolla dell’ultima frase su La Russa e lo confronti con questo: «Dobbiamo essere un partito che non parla di nomi e cognomi ma delle questioni che interessano i cittadini, e dobbiamo essere un partito che non demonizza l’avversario». Così argomentava Bonaccini il 20 dicembre, in un evento organizzato per L’Avanti!. O ancora, il 29 dicembre, durante un appuntamento di partito in Toscana affermava: «Se divento segretario del Pd la prima cosa che farò è chiedere un incontro a Meloni, per dirle che troverebbe in noi un partito che non ha nemici». Quanto a trasversalità della proposta osservava: «Dobbiamo andare a cercare voti anche nell’elettorato del centrodestra». Appena pochi mesi fa, ma pare tutta un’altra storia. 

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