Pd, imbarazzo-Schlein: quando il reddito era "una pagliacciata"
«Contrordine compagni, l’articolo dell’Unità era sbagliato: quello corretto diceva “scaglionatevi lungo i fiumi e non scoglionatevi lungo i fiumi”»; sicché la lunga fila di iscritti al Pci, schierata con una forbice in mano e gli attributi nell’altra, alla correzione dell’ordine da una staffetta in motocicletta sventolante il quotidiano comunista, be’, tirava un sospiro di sollievo. Ecco. La famosa battuta di Guareschi sulla coerenza trinariciuta, oggi rievoca molto quella degli indomiti dirigenti del Pd sul reddito di cittadinanza. Contrordine. È bastato che la segretaria del Pd Elly Schlein a In Onda su La7, dichiarasse che l’sms inviato dall’Inps per comunicare la sospensione del reddito di cittadinanza fosse a un «livello di cinismo che ricorda i licenziamenti collettivi fatti via sms dalle aziende, ma stavolta è lo Stato che lascia senza prospettiva le famiglie»; che i suoi uomini si schierassero in falange, e cavalcassero la stessa protesta del Movimento 5 Stelle. Poi dice che non ci sono più i comunisti d’una volta. Eppure, se Giuseppe Conte e i suoi – i veri creatori del reddito - levano legittimamente gli strali verso il governo, dal Pd e dai sindacati il «contrordine, compagni» suona talmente paradossale da assumere quasi fascino letterario. Quasi.
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QUANTE CRITICHE
Prendete, per esempio, Nicola Zingaretti. In piena campagna elettorale per diventare il nuovo leader del Nazareno dichiarava nel febbraio 2019: «Bisogna investire per creare lavoro vero, altrimenti il reddito di cittadinanza diventa reddito di sudditanza». Questo perché «fare il reddito di cittadinanza senza investire sul lavoro è una vergogna che pagheremo tutti». Di più. Un anno prima, all’Omnibus di Gaia Tortora lo Zinga aveva inveito contro il governo Conte: «Invece di mettere soldi su questa pagliacciata del reddito di cittadinanza che nessuno sa cos’è, mettiamola sul Rei, sul reddito di inclusione». Dopodiché, con straordinario tuffo carpiato, l’ex segretario Pd, il 27 maggio del 2022 si rimangiava tutto: «Eliminare il reddito di cittadinanza? Questo accanimento contro la povera gente non mi sorprende ma mi colpisce. Il reddito di cittadinanza è uno strumento per aiutare le persone povere, non è uno strumento di politiche attive del lavoro».
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Cioè: per Zinga il Rdc ieri era pagliacciata, oggi è dovere morale. Tra l’altro, il Rei è una delle fonti d’ispirazione della nuova misura rimodulata dal governo Meloni ma transeat. Anche Francesco Boccia, Mazzarino di Schlein, uno di quelli che di economia ne capisce ora capogruppo dem alla Camera, spiegava nel novembre 2018 al Sole 24Ore come quel reddito fosse «una grande sciocchezza: aumenterà solo il lavoro nero. In Campania ho incontrato cittadini che stanno per divorziare al fine di avere diritto all’assegno. Il tema vero è come creare nuovo lavoro e come aiutare chi lo ha perso a ritrovarlo». La frase fu segnalata dal FdI Lino Ricchiuti. Ma Boccia, allora, aveva ragione. Come aveva ragione Antonio Misiani, oggi responsabile economico della segreteria Dem «Il reddito di cittadinanza penalizza le famiglie con disabili e anche quelle numerose, dove è maggiore il tasso di povertà». Epperò, contrordine compagni. Prima temevano che il reddito grillinamente strutturato, fosse una misura «senza prospettiva» per le famiglie, e perculavano a loop lo sguardo luciferino di Gigi Di Maio mentre urlava «abbiamo sconfitto la povertà». Ora, invece, il taglio a quello stesso reddito calpesta la dignità dei 169mila percettori che ne rimarranno privi.
L’ONDIVAGA FERMEZZA
Per non dire dell’ondivaga fermezza dei sindacati. Il 9 febbraio 2019 scendevano in piazza a Roma, per contestare le politiche economiche del governo Conte 1. Il segretario Cgil aveva il solito scatto populista: «Il reddito di cittadinanza è un ibrido che mescola la lotta alla povertà con le politiche per il lavoro. Il rischio è che non affrontino bene né l’una né l’altra, perché la povertà si combatte dando lavoro». Insomma: «Il lavoro lo crei facendo gli investimenti pubblici e questo governo (del M5S, ndr) li ha tagliati. Stanno sbagliando e, così facendo, vanno a sbattere». Landini era anche quello che, inoltrandosi nella specifica funzione dei navigator, la sbertucciava, «un capolavoro di intelligenza». Landini era talmente antigrillino che il Blog delle Stelle l’accusò di propalare fake news, aggiungendo che «certi sindacalisti non sanno nemmeno come si vive in difficoltà. E poi diciamolo: per troppi anni i sindacati hanno avuto un potere infinito».
Idem, per la segretaria che alla Cgil l’aveva preceduto, Susanna Camusso. La quale Camusso, con sabaudo self control, nel 2018 sostenne a Fanpage: «No al reddito di cittadinanza! Quelle risorse vengano usate per trovare lavoro»; per ritrattare nel 2022: «La modifica al reddito di cittadinanza è punitiva per la povertà». In realtà, l’avversione di Pd e sindacati annessi verso la misura dei 5 Stelle aveva una sua ratio. L’Espresso del 30 ottobre 2018 sotto la gestione del Gruppo Repubblica aveva pubblicato un sondaggio tombale: «Per gli elettori del Pd il reddito di cittadinanza è peggio del condono fiscale». Il sottotitolo era: «La misura è valutata negativamente dall’85% di chi vota democratico. Un valore persino più alto di chi boccia la pace fiscale». Persino. Curiosamente, queste straordinarie virate ideologiche a sinistra coincidono con la vittoria del centrodestra alle elezioni e con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Contrordine, compagni. Guareschi aveva capito tutto...