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Elly Schlein a Prodi preferisce Zaki: dove si imbuca la segretaria

Pietro Senaldi
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Orizzonti diversi. Poche ore prima, Giorgia Meloni aveva ricevuto i leader di mezza Africa a Roma per tracciare il futuro del Continente nero e dell’Europa sul tema dell’immigrazione e dello sviluppo economico. In serata, a Bologna, Elly Schlein si accomodava in prima fila per abbeverarsi del verbo di Patrick Zaki, intento a spiegare agli astanti che passerà la vita a occuparsi dei diritti umani, perché a lui è andata bene, e meno male, ma a tanti altri no. La statista e la groupie. La donna che per un pomeriggio ha fatto dell’Italia il centro del mondo, e che dopodomani sarà alla Casa Bianca, ricevuta dal presidente Usa, e l’altra donna, quella che sta facendo del Pd l’albergo di avventurieri che si riempiono la bocca di sacri principi per trovare un modo per sbarcare il lunario.

 

 


IL RIFIUTO
Zaki si è rifiutato di ringraziare ufficialmente l’Italia, che lo ha salvato senza averlo messo nei guai, e per evitare di dover stringere la mano e ringraziare di persona un rappresentante del governo che lo ha liberato non ha preso il volo di Stato che Palazzo Chigi gli aveva messo a disposizione. La Schlein avrebbe potuto comportarsi da leader italiano e rimbrottare il ragazzo che chiedeva aiuto a tutti quando era nei guai ma è diventato subito partigiano e schizzinoso non appena lo hanno tirato fuori di prigione. Invece ha optato per farsi ancella e ringraziare il miracolato, per la sua maleducazione istituzionale e per lo sgarbo fatto alla Meloni, ed è andata a fargli da claque. Che poi quel ragazzo aveva ben poco da dire, e quel poco neppure lo ha pronunciato in italiano, riuscendo perfino a storpiare il nome di Regeni, per il quale chiedeva giustizia.


Strano criterio di scelta degli appuntamenti a cui presenziare, quello della Schlein. Omaggia Zaki e ignora Prodi. La sera prima, sempre in quel di Bologna, l’ex capo dell’Ulivo, che resta a oggi il solo della grande famiglia dem e affini ad aver sconfitto nelle urne il centrodestra, aveva fatto il suo primo intervento pubblico dalla vedovanza. Parlava di Europa, lui qualche titolo ce l’ha essendone stato il capo, unico italiano, di economia e di futuro della sinistra. Ma su questi temi forse Elly si sente già imparata, così ha preferito disertare e tenersi libera per la conferenza dello studente egiziano di Letterature Moderne Comparate post Coloniali. Pare che il professore non abbia gradito, non degnando di un commento la segretaria.

 


IL PROVINO
A pensarci bene però, più che una conferenza stampa, quello affrontato da Zaki era un provino davanti a chi potrebbe presto essere il suo capo. Le Europee sono vicine e Patrick non ha la cittadinanza e non spiaccica una parola di italiano, ma i bene informati insinuano che potrebbe essere una delle figurine della Schlein per Bruxelles, visto che, a uno a uno, la signora si sta liberando di tutti i dirigenti presentabili del Pd; la giubilazione di Cuperlo dalla presidenza della Fondazione dem è solo l’ultimo caso in ordine di tempo. Il voto del 2024 è il vero spartiacque della segreteria di Elly. Se farà di testa sua, manderà in Europa una compagine di estremisti, una banda capace di cancellare in un secondo la tradizione dem di una delegazione a Bruxelles fondamentalmente conservatrice e allineata, abituata a volare basso ed eseguire, con entusiasmo, i comandi dell’asse franco-tedesco, preoccupandosi anche di svolgere il ruolo di grancassa ma quanto meno presentabile.


A quel punto, ti saluto Prodi, Bonaccini, ma anche probabilmente Letta, Amendola, Gentiloni e quanti ancora a sinistra conservano coscienza di partito. La segretaria dem che si imbuca alla festa di Zaki, per il cui destino non si ricordano sue battaglie particolari, ripropone il tema di una leader che, per ricostruire l’identità al proprio partito, abbraccia chiunque pensa che possa portarle voti o al quale lei è convinta di poterne sottrarre, da Conte a Landini, fino a Zaki. Avesse saputo, si sarebbe infilata pure al matrimonio della Murgia, e viene il sospetto che non l’abbia fatto solo perché l’armocromista non le aveva suggerito l’abbinamento giusto. 

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