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Patrick Zaki? "Mentre faceva il comizietto...": esplode il sospetto

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Tutto casuale, viene da pensare. O forse no, tutto voluto, se non addirittura studiato. Mentre lo studente egiziano Patrick Zaki mette il piede sul suolo italiano, allo scalo milanese di Malpensa, prima di scappare a Bologna per il suo primo comizio elettorale dedicato alle Ong e ai diritti civili, salutato dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, incontra il primo ministro egiziano, Moustafà Madbouly, in occasione del bilaterale, a margine della Conferenza di Roma su sviluppo e migrazioni, sottolineando il lavoro della nostra diplomazia per Zaki e l’impegno per Regeni. Il secondo atto è la causa del primo.

 

 


Eppure Zaki insiste nella sua narrazione, nella sua personale visione dei fatti, non volendo vedere quella consequenzialità. E, come da manuale, una volta arrivato all’Università di Bologna, Patrick manda in onda lo show pro immigrati e Ong. «Voglio riprendere la mia carriera universitaria», ma soprattutto quella di «difensore dei diritti umani», dice Patrick. «Sono arrivato proprio in concomitanza del vertice sulle migrazioni e io sono un attivista dei diritti umani», ribadisce lo studente, quasi si sentisse un escluso dal vertice romano, «non dobbiamo dimenticare le migliaia di persone che a causa del cambiamento climatico oppure per motivi politici decidono di cambiare vita per dare un futuro ai propri figli, l’Italia e la Ue hanno una responsabilità nei confronti dei Paesi del Nordafrica, cioè la protezione dei diritti umani, del diritto internazionale e di affrontare le cause del movimento migratorio senza punire coloro che decidono di partire». Ovviamente non manca il solito affondo: «Giustizia per Regeni». Ma più di circostanza che di sostanza. Come lo è il ringraziamento istituzionale: «Grazie alle autorità italiane, a quelle egiziane, e alle Ong, ai vertici dello Stato italiano, fino alla presidente del Consiglio».«Fino» appunto. In piazza Maggiore l’apoteosi: Zaki sale sul palco del cinema, salutato dal sindaco, Matteo Lepore, con la segretaria del Pd, a sorpresa, seduta in prima fila. La Meloni no, Elly sì.

 

 

 

INCHINO ALLE ONG

E così, in una sorta di gioco degli specchi, Zaki prova a mischiare le carte in tavola, ringraziando sì il governo e la premier Meloni, ma fa l’inchino al mondo del volontariato e alle Ong, esalta gli immigrati e bacchetta la Ue e l’Italia, come se fosse delle organizzazioni non governative il merito della sua liberazione, e non di Palazzo Chigi. Un modo come un altro per mettere gli immigrati in primo piano. Poche ore prima, a Roma, La Meloni aveva rinnovato i ringraziamenti al presidente Al Sisi per la grazia concessa a Patrick, ribadendo come tutto ciò sia frutto solo e soltanto della «diplomazia» e di occuparsi ancora del «caso Regeni», dimostrando l’impegno sul tema dei diritti umani. Nei fatti, non a parole. Casuale, forse. O forse no. Perché senza la seconda scena, quella della premier che incontra il primo ministro egiziano, Moustafà Madbouly, non avremmo avuto la prima. Quindi nemmeno il film completo.

 

 

 


Eppure a Zaki l’idea di legare assieme i fotogrammi, non va giù, non sembra accettarlo. Poco prima di imbarcarsi nella capitale egiziana, il ricercatore egiziano aveva twittato «Adesso si vola», manifestando tutto il suo entusiasmo per il rientro in Italia, atteso per tre anni. Anche in quel semplice messaggio ci sono le tracce del rifiuto esternato da Zaki rispetto al volo di Stato messo a disposizione dal governo italiano, confermando l’indicazione di non volere incontrare rappresentanti istituzionali al suo arrivo in Italia.

 

LA FESTA

Ad attenderlo a Milano, emozionati, c’erano il rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari, e la sua docente, Rita Monticelli. «È il giorno più bello della mia vita», le prime parole di Zaki uscendo dall’area arrivi di Malpensa. Accompagnato dalla sorella, Marise, il ricercatore ha ribadito di essere «contento di essere in Italia, grazie a tutti, ci vediamo a Bologna». Al polso il bracciale blu della campagna per la sua liberazione con la scritta "Free Patrick Zaki". Rapido saluto con un cenno del pollice e via, verso Bologna, dove oggi si terrà una festa in suo onore. «Siamo stati insieme felici e commossi», dice la professoressa Monticelli, «sono stati tre anni molto difficili. Adesso dobbiamo goderci un po’ questa gioia e Patrick dovrà essere libero di vivere la sua vita». Nessun riferimento all’azione del governo, nemmeno una parola di riconoscimento, come sarebbe lecito aspettarsi. 

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