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Pd, Pietro Senaldi scatenato: il loro modello? Sempre quello: comunismo

Pietro Senaldi
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Stavo quasi per convincermi che il Pd, e perfino M5S, non avesse poi torto nel battersi per il salario minimo a 9 euro per tutti i lavoratori. Le resistenze della maggioranza alla proposta mi apparivano razionali ma tutto sommato non inattaccabili e il mio pensiero era condiviso dal 70% degli italiani, così almeno certifica l’ultima rilevazione pubblicata per La Stampa da Alessandra Ghisleri, la signora dei sondaggi. 

Le forze di governo sono contro il salario minimo perché temono che poi questo diventi il salario unico, nel senso che livelli al basso tutti gli altri, e anche perché sostengono che favorisca il lavoro nero: se ti devo alzare lo stipendio per pagarti 9 euro, allora faccio prima a darteli brevi manu, magari anche dieci, e non girare nulla al Fisco. Certo, sono rischi possibili, ma la difficoltà e i possibili inconvenienti di una scelta giusta non sono un buon motivo per non farla: la politica è chiamata ad agire per il meglio, evitando effetti collaterali indesiderabili. Abbiamo abbassato il cuneo fiscale sulle paghe più basse, e questo di fatto è un aumento di stipendio, è l’altro cavallo di battaglia della maggioranza in materia. Vero, ma una cosa non esclude l’altra, tant’è che negli ultimi giorni nei corridoi romani si vociferava che, sotto sotto, qualcuno nella maggioranza pensasse a un’apertura verso il salario minimo e che ormai il problema fosse più che altro tattico: come non farla passare per un cedimento all’opposizione, che a quel punto avrebbe una medaglia da appuntarsi.

Questa era la situazione fino a ieri quando, dai nemici mi guardo io ma dagli amici mi guardi Iddio, l’ex senatore in quota dem, Carlo Cottarelli, economista di pregio che ha lasciato il Parlamento dopo l’elezione a segretario della Schlein, ha messo in rete un tweet malefico. 

DOMANDE
Il signore dei conti, che con l’arrivo di Elly ha cominciato a sentirsi nel Pd in forte disagio, come se qualcuno lo costringesse a girare con una falce e martello stampata su una cravatta arcobaleno, si è posto la seguente domanda: «Non è strano che nel disegno di legge si preveda che, se un’impresa paga meno di nove euro, almeno temporaneamente, i soldi per arrivare al salario minimo li debba mettere lo Stato? Se fai extraprofitti perché sfrutti i lavoratori, perché devi continuare a farli a spese di tutti i contribuenti?».

Come dire, il Pd ha cambiato pelle tante volte, e ancora più volte nome e segretario ma, gratta gratta, il comunista viene sempre fuori. Le regole dell’economia, del mercato, del liberismo, dello sviluppo occidentale sono naturalmente estranee alla sinistra italiana, collettivista, pauperista, massificatrice, statalista.

Allora ha ragione la maggioranza: secondo la sinistra tutti devono guadagnare lo stesso, che valgano e che non valgano, che la loro azienda produca o che sia in perdita, e il salario minimo è una tappa per arrivare al risultato sovietico, che poi è da sempre il modello economico del Pd e dei suoi antenati Ds e Pci. Eppure le regole del lavoro sarebbero semplici, basta copiarle dall’estero: le aziende che vanno bene devono pagare bene i propri dipendenti, anche più di 9 euro, perché guadagnano anche grazie al lavoro di questi; quelle che vanno male devono essere libere di ristrutturarsi e darsi una possibilità, non abbassando lo stipendio di tutti, ma operando delle scelte. In Italia il problema non è il salario minimo ma regole del lavoro che garantiscano alle aziende di poter contare su un’efficienza minima dei dipendenti e a questi di ottenere un dignitoso riconoscimento del proprio lavoro. Non è scritto così anche da qualche parte nella Costituzione? Sì, quella più bella del mondo.

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