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Giorgia Meloni, "nel nome di Paolo": "ovviamente falso", travolge la sinistra

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Una lettera al Corriere della Sera per allontanare polemiche e strumentalizzazioni. Giorgia Meloni, nel giorno dell'anniversario della strage di via D'Amelio, in cui il 19 luglio del 1992 morirono il magistrato Paolo Borsellino e 5 agenti della sua scorta, se mai ce ne fosse stato bisogno ribadisce che "l'impegno antimafia non si esaurirà mai", perché "la lotta alla mafia è parte di noi, è un pezzo fondante della nostra identità, è la questione morale che orienta la nostra azione quotidiana".

La premier non parteciperà alla fiaccolata organizzata da Fratelli d'Italia. "Come ogni anno, sarò anche questa volta a Palermo per rendere omaggio alla loro memoria e rinnovare il mio impegno personale, e quello di tutto il Governo, contro le mafie - spiega al Corriere -. Presiederò il Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza per fare il punto sul lavoro svolto sull'attività di contrasto alle criminalità organizzata che le istituzioni, a ogni livello, stanno portando avanti". Con una punta di amarezza sottolinea come in questi giorni "è stato detto un po' di tutto sulla mia presenza a Palermo. C'è chi ha addirittura scritto che avrei disertato le commemorazioni perché 'in crisi con il mito Borsellino'. È, ovviamente, falso. Così come è stucchevole il tentativo di alcuni di strumentalizzare la mia impossibilità, data da altri impegni concomitanti, di partecipare anche alla tradizionale fiaccolata di Palermo". La premier ricorda ancora come da ragazza il suo "profondo e viscerale rifiuto della mafia", di fronte alle immagini della strage di Via D'Amelio, la convinse a dedicarsi all'impegno politico: "Sono profondamente orgogliosa del fatto che il governo che oggi presiedo abbia avuto, dal suo primo giorno, la determinazione e il coraggio necessario ad affrontare il cancro mafioso a testa alta". Sono "i fatti a dimostrarlo", e snocciola tra questi "l'aver messo in sicurezza presidi fondamentali come la restrizione dei benefici penitenziari, e se oggi boss mafiosi del calibro di Matteo Messina Denaro sono detenuti in regime di 41 bis lo si deve esattamente a questo impegno".

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