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Elly Schlein, fuga dal Pd: ecco chi la scarica. Ed è rivolta in Emilia

Francesco Storace
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Facciamo passare qualche settimana e scopriremo che i prossimi tweet di Carlo Calenda saranno dedicati contro Alessio D’Amato, l’ex assessore alla Sanità del Lazio scippato al Pd e trombato da Francesco Rocca alle Regionali del Lazio. Appena lo conoscerà bene, capirà con chi avrà a che fare.

L’arrivo di D’Amato ad Azione è stato salutato con una conferenza stampa in pompa magna, ma Calenda non si deve essere informato bene sul suo curriculum elettorale: ha pervicacemente voluto essere candidato alla presidenza della regione per non rischiare di non essere eletto come consigliere.

Alla Pisana siede come candidato presidente sconfitto. Perché elettoralmente D’Amato vale poco. Gli ultimi voti utili ad essere eletto li prese nel 2005, poi un flop dopo l’altro. Anche se va detto con una buona capacità di adattamento alla situazione, passando da una poltrona all’altra senza bisogno di chiedere permesso al popolo: nel 2013 Nicola Zingaretti lo mise nella cabina di regia della sanità con un trattamento economico di rilievo; nel 2018 lo portò direttamente a fare l’assessore, sempre alla sanità. I voti per alcuni non servono. Chissà se ha ringraziato Nicola per la sopravvivenza politica.

 

GRATTACAPI
E poi, il salto verso la presidenza, per sbarrare la strada al suo nemico Daniele Leodori, che magari qualche grattacapo in più al centrodestra lo avrebbe potuto provocare. D’Amato, al fianco di Calenda tutto contento, ha anche rivendicato la sua avversione ai Cinque stelle: si deve essere scordato di averci governato assieme proprio alla regione Lazio. Era comunista, ora scopre il riformismo liberale. La vita è questa ormai. Risultato: la Schlein perde pezzi (pare che oraci siano pure difficoltà sulle candidature in Emilia Romagna) ma Calenda ci guadagna davvero pochino quanto a resa elettorale.

Il leader di Azione definisce il nuovo arrivato come campione anti Covid – fino a poco fa la medaglia la esibiva Zingaretti, devono essersi moltiplicate – e dice: «Lo abbiamo sostenuto come candidato alla Regione, entrerà in Segretaria nazionale e lavorerà alla riorganizzazione dell’attività di Azione nella Regione Lazio. L’Italia ha perso l’area del socialismo riformista, del liberalismo, del repubblicanesimo e del popolarismo. Oggi è tutto schiacciato in un bipolarismo e così un paese non può essere governato. Abbiamo avuto dal primo giorno l’ambizione di costruire un luogo dove queste culture si potessero ritrovare e trovare soluzioni pragmatiche nel solco di quello che accaduto con il Governo Draghi». Lo vuol fare con Alessio D’Amato: trattenete le risate.

CAMBIO DI CASACCA
Ovviamente, c’è rabbia dal Pd, la parola più gettonata nelle varie reazioni, ufficiali e non, è trasformismo. Anche perché la sua candidatura alla regione – senza primarie – non fu decisa da Calenda, bensì da quello che sembrava essere il suo partito definitivo. Invece no, D’Amato ha cambiato strada perché la Schlein con lui non ci parla e adesso si sente tutto riformista. Va giù duro il capogruppo del Pd alla Pisana, Mario Ciarla, che ricorda a D’Amato una sconfitta elettorale con 22 punti di distacco da Rocca: «Inoltre, proprio D’Amato è stato in giunta con i 5 Stelle in un ruolo importante come assessore alla Sanità per più di due anni e non risultano atti che testimonino all’epoca una difficoltà o un’incompatibilità nell’esercitare la sua funzione in coalizione con M5S». Una dichiarazione che incuriosisce non poco la fa proprio Leodori, che ha fatto man bassa di voti alle recenti primarie come segretario regionale del Pd proprio nel Lazio.

 

 Parla di motivi pretestuosi e di ingenerosità verso il partito, ma il perché «di questo passaggio lo scopriremo nella prossima primavera». Europee in vista? Senza elettori? E lui, la nuova star di Azione? Si difende farfugliando: «La mia è una scelta ponderata, dolorosa. Per me è chiaro che l’avversario è questa destra sovranista che è alla guida del Paese e va costruita un’alternativa. Ho sollevato una questione politica rispetto a una postura sbagliata, subalterna, del Pd rispetto al M5S. Da allora non ho ricevuto risposte, non ho ricevuto chiamate. Non voglio fare polemiche, prendo atto e il mio impegno politico prosegue», ha concluso. Se ho sentito Schlein? «No», la risposta. Poverino.

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