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Filippo Facci immolato dalla destra: Rai, ecco la "rivoluzione" del servizio pubblico

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Giovanni Sallusti
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Benissimo, signori. Poiché, come i don Abbondio che siete, giustamente il coraggio mica potete darvelo, almeno ripiegate su una virtù meno impegnativa: un minimo di coerenza logica. Di chi stiamo parlando? Di tutti e di nessuno, e non lo diciamo per omettere l’oggetto della polemica, al contrario perché esso è troppo chiaro, troppo esaustivo: parliamo pressoché dell’intera classe (pseudo)dirigente del centrodestra italico, in primis gli eroi del libero pensiero che avrebbero dovuto “rivoluzionare” la Rai (risate preregistrate e piddine in sottofondo). E che non hanno mosso un dito, o peggio hanno partecipato attivamente all’esecuzione del reietto.

Il reietto, ovviamente, è Filippo Facci, editorialista di Libero. L’esecuzione professionale è la cancellazione preventiva della striscia quotidiana che Facci avrebbe dovuto condurre da settembre prima del Tg2 delle 13. L’ordine è partito direttamente dal Tribunale delle Buone Maniere politicamente corrette, erede post (?) staliniano del Tribunale del Popolo.

Ma costoro, quelli che nella retorica incarnavano un approccio altro, non censorio, pluralista, o non l’hanno contrastato, o sono stati tra gli zelanti esecutori. Ecco, allora, il frammento di onestà intellettuale che vi è richiesto: per favore, non rompeteci più l’anima con l’egemonia culturale della sinistra. Avete e avevate ragione: la sinistra comunista prima e i suoi successori parodistici dopo hanno costruito una formidabile operazione di “egemonia”.

 


 

FAZIOSITÀ E FAZIO
Nel Novecento fu una cosa serissima, egemonia come sinonimo di gramscianesimo e conquista delle “casematte” della società civile, per vincere nella visione del mondo la partita che si perdeva alle elezioni e nella spartizione geopolitica. Poi è diventata egemonia come Faziosità (da Fabio, il non-epurato che ha lasciato la Rai per andare a guadagnare di più), come bigino delle idee petalose e dei buoni sentimenti che signora mia, chiunque ambisca a uno strapuntino nel palinsesto pubblico deve condividere. In ogni caso, è qualcosa che il centrodestra ha giustamente sempre contestato, anzitutto nella gestione della più grande industria culturale italiana.

E adesso, che ha l’occasione di fermare questo gioco truccato, il centrodestra che fa? Sacrifica in pochi giorni un non-egemonizzato per eccellenza come Facci, e per cosa? Per inseguire una crociata moralistica montata fin troppo smaccatamente ad arte da quel mainstream talebano e doppiopesista (gente per cui un inciso non stilnovistico di Facci è peggio della “bastarda” di Saviano alla premier, gente come Sandro Ruotolo) che si è sempre criticato. Un non-sense assoluto. A meno che, a destra si sia sempre combattuta l’egemonia culturale in nome di una sotto-egemonia, di una rivincita tristanzuola della propria tribù, di un “amichettismo” (per usare un geniale categoria di Fulvio Abbate) minore, uguale e contrario all’originale. In questo caso, certo, il libertarismo spettinato di Facci, l’imperdonabile incapacità (sua, e di chiunque ne possegga uno) di ridurre il proprio pensiero a bollettino della tribù, la sua storia radicale e craxiana, mai tradita in luogocomunismo liberal, ma nemmeno mai degenerata in sovranismo all’amatriciana, possono non avergli giocato a favore. In questo caso, certo, qualche dirigente o qualche politico, ma la parola esatta sarebbe politicante, di destra può aver silenziosamente gioito delle coltellate a Facci, può perfino aver brandito il pugnale. In ogni caso, sia avvenuta questa resa totale per ignavia o per complicità, una cosa è certa: ve la meritate, l’egemonia culturale della sinistra.

 

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