Fisco? Solo gli amici della sinistra possono evadere
Cominciamo col dire che non ci sarà mai un punto di caduta o di accordo: per la sinistra chi non paga le tasse è di per sé un evasore, un reietto, un farabutto, a meno che si tratti di una multinazionale o uno di quegli imprenditori del club progressista che può spostare le sedi fiscali nei paesi dell’eurozona tipo Lussemburgo e Irlanda e poi fare pure il predicozzo ai cumenda in difficoltà ma che restano in Italia coi loro capannoni.
Quindi è persino inutile leggere i commenti di chi ha già liquidato la pace fiscale di Salvini come l’ennesimo condono o salvafurbetti e via dicendo. In Italia abbiamo un grande problema legato agli incagli fiscali, dovuti per lo più alle fatiche e agli affanni degli anni pregressi, incagli che si sommano ai rincari in corso, alle richieste delle banche e magari anche a clienti che non pagano. La fortunata rottamazione non ha risolto il problema. Il vicepremier ha ragione da vendere quando individua in Agenzia delle Entrate una macchina dove ormai non si capisce più nulla, perché al di là delle belle dichiarazioni gli uffici non riescono ad andare oltre la burocrazia con il suo gran carico di incertezze e oltre agli interessi del dipendente che ovviamente non si fa scrupoli a raggiungere l’obiettivo di recupero che gli hanno fissato come target.
"Chi ha gli italiani in ostaggio". Salvini, la frase che travolge la sinistra
CARTELLE AI MORTI
Ecco, in un periodo come quello che stiamo vivendo, imprenditori, professionisti e famiglie non riescono a venirne a capo. Conosco situazioni dove si mandano cartelle esattoriali intestate ai morti, in cui si lamenta il mancato pagamento e scattano pure le more. «Lei ha ragione, ma...», ti dicono agli sport e l l i quando li riesci a raggiungere. C’è sempre quel maledetto “ m a ” che si trasforma in un incubo perché non sai mai quale diavolo di avviso ti piomberà sul capo. Ci sono casi - tanti - dove si parla pure di ingiunzioni accompagnate da provvedimenti che interessano i capannoni, i macchinari se non addirittura le abitazioni. Ora, mi domando, come si può affrontare la programmazione del futuro immediato con tali affanni. E allora ti affidi agli avvocati. E arriviamo così al capitolo giustizia, dove il bubbone non intacca il concorso esterno in associazione mafiosa (questione dove anche lì non mancano le testimonianze dirette di persone accusate e bollate con questa infamia salvo poi uscirne, dopo anni di processo, completamente prosciolti ma con la vita spaccata e il conto in banca prosciugato dalle spese legali) quanto un disservizio profondo, di cui la magistratura non si rende nemmeno più conto.
COMPLICAZIONI FISCALI
La pace fiscale proposta da Salvini è la sola via d’uscita possibile, drastica ma l’unica possibile se si vuole in un colpo solo dare maggiore liquidità alle imprese e sollevarle dagli affanni. Qui, non siamo in presenza di evasori o furbi della peggior risma: chi vuole evadere non si è mai fatto prendere dai radar del fisco o ha scelto, avendone le possibilità, soluzioni di elusioni legali attraverso scatole societarie magiche. Qui siamo in presenza di gente che per la somma di complicazioni fiscali burocratiche e di difficoltà oggettive non può più pagare e si trascinerà le sofferenze più avanti possibile. Questa situazione va bonificata. L’idea di Salvini è il tasto reset che dobbiamo azionare per tenere in vita non aziende decotte ma aziende di per sé sane in affanno. Ha ragione, è così e basterebbe mettere il naso nei capannoni dell’Italia che produce per rendersi conto quanto lo Stato finisca con l’appiattirsi con una architettura disallineata alla vita reale delle imprese. Agenzia delle Entrate non fa abbastanza per capire l’esigenza del mondo reale, un po’ per forma mentis un po’ perché ormai tutto è inserito nei data base e quindi i dipendenti non osano - pur conoscendo le ragioni del contribuente in difficoltà- scomporre i file al fine di non finire nei guai. Così nei guai ci finisce l’imprenditore, cui non resta che arrendersi e affidare a quello stesso Stato lo strascico della chiusura. Con tutto quel che segue quando si chiude un’attività; ma questa è un’altra anomalia italiana. Salvini e il governo vadano avanti, questo reset è imprescindibile.
Salvini, "pace fiscale". Così vuole liberare i tartassati dal fisco