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La Russa, le belve di sinistra all'assalto: da loro solo mire politiche

Alessandro Sallusti
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Quando in nome della morale si tortura, quando in nome della giustizia si perseguita, quando per difendere una persona se ne umilia un’altra, quando insomma la ragione lascia il posto all’ideologia arriva il tempo dei roghi e dell’inquisizione.È quello che sta succedendo sul caso della presunta violenza sessuale di cui è accusato - al momento non ci sono prove ma solo la parola della presunta vittima - il giovane Leonardo La Russa messo nel mirino insieme a tutta la sua famiglia da belve di sinistra. L’associazione “Non Una di meno” che si occupa dei diritti di gay e trans, per esempio ha tappezzato i muri sotto le case e gli uffici di Milano dei La Russa con manifesti sentenza (“Gli stupratori siete voi”) dando per scontato, al di là della violenza, ciò che a oggi non è per nulla scontato. Parliamo di persone che non hanno principi ma mire politiche, che non cercano la verità ma si arrogano il diritto di imporre la loro di verità che è una ricetta mediatica assai in voga e non da oggi da quelle parti.

 

 

Nello statuto di quell’associazione c’è il “battersi contro ogni tipo di violenza” ma questo non impedisce loro di usare violenza contro un ragazzo sotto inchiesta che si dichiara innocente. Che cos’è questo se non uno stupro psicologico, cosa è se non la prova che “dentro ogni moralista - come scrisse Roberto Gervaso - si cela un persecutore perverso che alle prove preferisce gli indizi perché così si può andare sul bersaglio in modo più facile, condannare ancora prima di aver giudicato”.

 

 

Travolgere una intera famiglia per un fatto, incerto o no che sia, attribuibile a un suo componente è roba certo da criminali ma esiste il diritto all’odio che soprattutto un politico, e la sua famiglia, devono saper sopportare e gestire. Mi permetto quindi un consiglio non richiesto: l’unico antidoto efficace all’odio non è rispondere con la stessa moneta che sarebbe un riconoscimento immeritato, e neppure ricorrere a denunce e querele che lasciano il tempo che trovano, bensì l’indifferenza. Consci che, come scrisse Indro Montanelli, “conosco molti furfanti che non fanno i moralisti ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante” anche se in questo caso la parola furfante appare come una generosa carineria.

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