Centrodestra diviso in Ue? Non credeteci: è solo campagna elettorale
Il leader della Lega, Matteo Salvini, annuncia un incontro con Marine Le Pen, poi derubricato a videochiamata perché la signora era bene rimanesse in Francia. Madame doveva spargere sale sulle ferite di Macron e del sistema istituzionale d’Oltralpe, che per salvarsi ha fatto fronte comune contro di lei, con il risultato di accelerare il proprio collasso e catapultarla al massimo dei consensi. Il leader di Forza Italia nonché expresidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, alza le barricate, precisando che «è impossibile fare accordi con il Front National e con i tedeschi di Alternative für Deutschland», che a Bruxelles stanno nello stesso gruppo della Lega, Identità e Democrazia. Salvini risponde a stretto giro di posta al suo collega vicepremier azzurro, chiarendo di «non accettare veti sulle alleanze» e rassicura la Le Pen di lavorare a una grande alleanza del centrodestra per evitare che i socialisti governino anche con il prossimo Europarlamento.
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Che c’è di strano? Niente, e chi grida al centrodestra diviso fa finta di non aver capito un tubo. Semplicemente, complice anche l’innocuità delle opposizioni in Italia, è già partita la lunghissima campagna elettorale per le Europee del 2024. Dovremo abituarci a leggere la politica con una lente per guardare vicino e una per guardare lontano. In Italia il centrodestra marcerà diviso ma all’interno di un unico recinto che consentirà alla maggioranza di tirare dritto malgrado qualche inevitabile scossone e ai partiti che la compongono di ritagliarsi il proprio spazio identitario. In Europa, dove si vota con il sistema proporzionale, sarà sfida tra alleati.
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LAVORI IN CORSO
Forza Italia, che è nel Ppe e attualmente governa con i socialisti nella maggioranza Ursula, lavora di cesello, per persuadere i popolari europei a cambiare partner: fuori i socialisti e dentro i conservatori della Meloni, dei polacchi, degli spagnoli. Non è un compito facile, visto che il Ppe, specie quello tedesco, è diviso sul punto e per avere successo è naturale che gli azzurri debbano alzare un muro verso la Le Pen e la destra berlinese. Pure Meloni è impegnata in un’operazione di accreditamento verso i moderati ed è avvantaggiata in questo dal suo ruolo di premier. Questo porta Fdi a dover usare toni più morbidi verso l’Unione e la maggioranza Ursula rispetto a quelli a cui aveva abituato gli elettori fino al settembre scorso. Sì agli attacchi alle follie ultra-ambientaliste e alla difesa dei prodotti italiani, posizione forte nella rivendicazione di un aiuto sul tema immigrati, ma atteggiamenti più dialoganti sul resto, perché non si possono perdere la sfida economica e quella del Pnrr. Giorgia gioca sulle ambizioni della von der Leyen, che sogna un’improbabile riconferma alla presidenza della Commissione. Ne consegue che a Salvini si apre una prateria da cavalcare, quella dell’euro-scontento tout court e che il capitano leghista è agevolato in questo dal peccato originale del Ppe, ossia euro-governare con le sinistre.
Avremo quindi una Lega di governo in Italia e di lotta a Bruxelles; una strategia che ha tutte le premesse per essere pagante per il Carroccio e che non mette in discussione gli equilibri interno della maggioranza di centrodestra. Tra un anno, dopo il voto, si faranno i conti. Probabilmente, se ci saranno i numeri per una maggioranza di centrodestra, la Legavi entrerà in ogni caso. Altrimenti resterà all’opposizione. Salvini rischia poco, la Meloni di più. Gli esperti infatti spiegano che non sarà facile per popolari e conservatori avere i numeri per governare da soli e che a qualcuno si dovrà aprire e non è escluso che il Front National diventi indispensabile. La Lega si è portata avanti: noi ci stiamo solo con i socialisti fuori. Se invece tra un anno si riproporrà l’asse tra Ppe e sinistre, forse Forza Italia sarà incaricata dal governo nazionale di tenerci il piede dentro, in modo da garantirci un commissario di centrodestra e la Meloni dovrà decidere come posizionare il fronte conservatore che guida; tenendo presente che difficilmente gli esecutivi votano contro una maggioranza che esprime un loro delegato. I conservatori polacchi, tanto per fare un esempio chiarificatore, nel 2019 hanno votato la fiducia alla maggioranza Ursula, risultando decisivi, per poi fare opposizione per quattro anni.