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Pd, monta il malumore contro Schlein: "Sei su sei", segretaria all'angolo

Elisa Calessi
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Un «grande campanello d’allarme», una «sconfitta chiara», una «batosta» che sarebbe sbagliato «minimizzare». Il giorno dopo le elezioni in Molise, perse e male, nel Pd si ragiona sul risultato deludente. Nel mirino non c’è tanto il Pd, quanto l’alleanza con il M5S, questa volta persino esibita nell’ormai famosa chiacchierata al bar di Campobasso tra Elly Schlein e Giuseppe Conte a base di limonata, eppure, alla prova del voto, largamente insufficiente. Perché, nonostante il buon risultato di lista del Pd, il M5S è crollato, come già nelle passate amministrative. E i voti raccolti dai rossoverdi di Nicola Fratoiannni e Angelo Bonelli non compensano nemmeno lontanamente la distanza dal centrode stra.

Elly Schelin non ha commentato. È volata a Bruxelles dove resterà alcuni giorni per fare diversi incontri in vista del Consiglio europeo. La linea del Na zareno è: niente psicodrammi, il Molise aveva scelto la destra cinque anni fa, è rimasto a destra, non ci sono sorprese, si va avanti sulla strada tracciata. Nelle retrovie, però, la preoccupazione cresce, insieme all’insofferenza.

 

SESTO KAPPAO SU SEI
«Il Molise», si dice dalle parti di Bonaccini, «è la sesta sconfitta su sei ottenuta con l’alleanza con il M5S. Serve un’alleanza che sciolga i nodi politici più importanti e che comunque sappia coinvolgere anche Renzi e Calenda». O si cambia strada o «continueremo a perdere». Non si può puntare solo sul M5S e sui rossoverdi. Serve coinvolgere tutti, terzo polo compreso. Ma non è solo tra i riformisti che cresce il malumore. Chi non sente nostalgia di Matteo Renzi o di Carlo Calenda, pensa che il Pd sia comunque troppo debole. «Il punto è sempre lo stesso», spiega un big della sinistra dem, «quanto è forte il Pd. O lo rafforziamo oppure non ci salveranno le alleanze». Quanto a Elly Schlein, «su questo deve ancora cominciare davvero. Prima c’erano le Amministrative ora il Molise. Adesso ha qualche mese davanti in cui poter lavorare con più tranquillità».

Nessuno, per ora, affonda il colpo contro la segretaria. È al timone da troppo poco tempo per poter trarre un bilancio. Indebolirla, significa indebolire il Pd. Ma, certo, i risultati non sono soddisfacenti per nessuno. Persino chi è più vicino a lei, come Chiara Gribaudo, ammette che «qualcosa non ha funzionato». In Molise, ha spiegato, «il Pd ha fatto un atto di generosità nei confronti della composizione di una opposizione larga». Generosità, si intende, nel sostenere un candidato scelto dal M5S. Che però ha perso.

C’è un problema di classe dirigente, ma anche di alleanze. Il M5S è crollato al 7%. È evidente che l’asse con loro non basta. Lo dice con chiarezza Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana: «Per il Pd è un ulteriore, grande campanello d’allarme, diciamocelo con chiarezza. È una sconfitta chiara e a mio giudizio è lo stimolo perché il Pd ripensi in qualche modo a una linea più coinvolgente che porti a coalizione larghe che comprendano l’area moderata che guarda a sinistra.
È evidente che se ci limitiamo al Pd e al M5S siamo una buona opposizione, ma non abbiamo il carattere di attrazione per essere una forza di governo e di maggioranza».

Ancora più duro è Salvatore Margiotta, della direzione nazionale: «Non è stata fatta un’analisi approfondita del voto del 25 settembre, neanche durante il congresso, stessa cosa per la recente sconfitta ai ballottaggi e ora si minimizzerà la batosta in Molise», ha scritto su Twitter. «Il mantra è: conta il voto delle Europee ma nel 2024 si vota alle regionali in cinque regioni: Piemonte, Sardegna, Basilicata, Umbria e Abruzzo, e ad ottobre 2023 nelle Province autonome di Trento e Bolzano». Passi il primo turno delle amministrative, passi il Molise, ma se si perde a ogni elezioni, anche la corsa alle Europee diventa complicata.

 

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