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I Dem strillano? Ma il Mes divide anche la sinistra: l'affondo di Senaldi

Pietro Senaldi
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Alzi la mano chi ha capito davvero come siamo Mes. La ratifica del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto prestito salva -Stati che impone a chi lo richiede condizioni capestro da parte della Ue è un classico esempio di come la politica italiana sia campione del mondo nell’avvitarsi su se stessa fino a spaccarsi e farsi male sul nulla. La destra e la Lega non lo hanno mai voluto, perché l’hanno sempre vissuto come una polpetta avvelenata, un invito del gatto Michel e della volpe von der Leyen nel Paese dei Balocchi, soldi che arrivano facili come se regalati dalla mamma ma diventano pesantissimi al momento di restituirli neanche fossero prestati da dei cravattari. Nel Pd l’hanno sempre benedetto, trattandolo come manna dal cielo solo perché targato Europa, senza porsi mai dubbi né domande.

Forza Italia ha svicolato e tuttora svicola quanto può, ma tutti sanno che sulla bilancia pesa di più il piatto dell’Unione, visto che l’europeismo e quanto ne deriva a livello di relazioni sono la forza del partito nell’alleanza di centrodestra. Poi ci sono i grillini, populisti per antonomasia e cialtroni per vocazione. Travaglio ha deciso che il Mes non va bene e quindi M5S non lo vuole. Ma, quando si è trovato a Bruxelles con il cappello in mano e qualche percentuale di sforamento da far approvare in Europa per licenziare la finanziaria a Roma, Conte, il caporale di giornata del direttore del Fatto, tra un bicchiere di birra notturno con la Merkel e un consulto con il suo grande fratello Casalino, ha dato il primo via libera. E siamo all’oggi, quando l’Italia è il solo Paese della Ue a non aver ratificato il trattato e per questo subisce le pressioni di tutti gli altri, perché in Europa si decide all’unanimità e se Roma non dà il via libera blocca tutti. Il Parlamento è chiamato a esprimersi la prossima settimana, ma c’è più di un segnale che la maggioranza farà slittare tutto. Tante cose bollono in pentola e non è il caso di complicarsi la vita con mosse troppo decise.

 

È il tempo dei piccoli spostamenti e del traccheggio, tant’è che nei giorni scorsi il ministro dell’Economia, il leghista Giorgetti, ha dato lettura del parere dei suoi tecnici al dicastero, secondo cui sarebbe auspicabile l’approvazione del Mes. Apriti cielo. Meloni ha quasi fatto finta di non sentire, tanto toccava a Salvini precisare che il Parlamento è sovrano e il Carroccio non cambiava certo idea per correre dietro ai mandarini del Palazzo. Forza Italia muta alla finestra. Insomma, la maggioranza ha traballato ma ha retto. Ci ha pensato l’opposizione a dividersi, con Conte che ha fatto sapere che M5S mai avrebbe votato il Mes. Nel frattempo è intervenuto anche l’ex commissario Ue Mario Monti, il premier più europeista che l’Italia abbia mai avuto, se per questo si intende in totale sintonia con Bruxelles con una proposta che pare saggia e che per questo probabilmente nessuno ascolterà. Il bocconiano propone una soluzione all’italiana, di nobile compromesso. Si approvi il Mes, così da Bruxelles la finiscono di scassarci l’anima almeno su questo, e si scriva che non lo useremo mai e che il governo non potrà mai ricorrervi senza previa autorizzazione del Parlamento. Così la destra ed M5S sono sicuri che la scamperemo per le prossime tre generazioni, visto che, a occhio, tante ne dovranno passare prima che il Pd torni nella stanza dei bottoni con la cloche tra le mani. Se la stella cometa dev’essere il pragmatismo e se l’obiettivo è rassicurare l’Europa per poi cambiarne la governance...

 

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