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Jasmine Cristallo, imbarazzante baciamano a Giuseppe Conte. E si "spiega" così...

Giovanni Sallusti
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Elly Schlein non è una segretaria di partito, anche perché nel caso basterebbe quello che (non) ha fatto in pochi mesi per essere accompagnata alla porta. Elly Schlein, ed è quel che non capiscono i maggiorenti del Pd, che si ostinano a volerla trascinare nella politica, è un format, un brand, un ologramma pubblicitario. Segmento di mercato medio-alto (soprattutto annoiato), geolocalizzazione nella Ztl, core business nella supercazzola arcobaleno reiterata. Elly Schlein è una, nessuna e centomila, è prodotto che sublima la persona. Il timbro che più glamour non si può l’ha messo la prima pagina di Vogue, è stato il via libera alla partenogenesi radical. E allora piccole Elly crescono, sempre di più.

 

 

 


LA NUOVA ONDATA

La più clamorosa, oggi una gaffeuse quasi all’altezza dell’originale, è Jasmine Cristallo, che partiva avvantaggiata: può vantare la carica di coordinatrice delle Sardine, veste in cui aveva spiegato che alla base del movimento c’era «un desiderio, che è quello che sta muovendo le persone, di riappropriarsi di alcuni territori e dire no alla paura», un non-sense schleinese ante litteram. Jasmine Cristallo l’altro giorno ha deciso di dare rappresentazione plastica alla sudditanza (in)culturale della nouvelle vague piddina verso il grillismo, facendo a beneficio di telecamera il baciamano a Giuseppe Conte. In questo, l’allieva ha già superato la maestra, perché Jasmine ha condensato in un gesto comprensibile a tutti la piattaforma evanescente di Elly: comanda il populismo declinista dell’ex premier per sbaglio, noi catapultati per sbaglio alla guida del principale partito della sinistra italiana andiamo a ruota. Si è arrabbiata poi, Jasmine, e ci ha consegnato attraverso Repubblica una sorta di Var del contatto: «Non era un baciamano! C’è stato il contatto guancia-mano. Ma la bocca no. Fatemelo dire. Ho girato proprio la faccia. È stato un moto d’affetto».

 

 

 

Glielo facciamo dire, per carità, anche perché è una conferma delle attuali priorità democratiche: la determinazione del grado di effusioni con l’Avvocato del Popolo. Del resto, Jasmine nel curriculum può vantare anche la geniale soluzione all’amletico dubbio sul termovalorizzatore di Roma, spina nel fianco della corrispondenza d’amorosi sensi giallorossa: «Se ciascuno differenziasse, come faccio io, che non esco mai senza il posacenere da borsa, siamo sicuri che non si potrebbe fare a meno del termovalorizzatore?». Questo è puro intrattenimento schleiniano, è l’idiozia propugnata con tale nonchalance petalosa da innescare i titoli dei giornali, piuttosto che il ricovero coatto.

 

 

 

DADAISMO

Piccole Elly crescono anche a Bologna, dove tutto (cioè niente) iniziò. Parliamo nientemeno che di Emily Marion Clancy, vicesindaca italo-canadese e calco perfino più stereotipato dell’originale. Già le sue deleghe costituiscono un’apoteosi del dadaismo armocromunista: Emily è infatti assessore all’“abitare collaborativo e cooperativo”(le liti condominiali, si sa, sono l’anticamera del fascismo), all’“economia della notte” (no, non faremo battute machiste e reazionarie), alle “assemblee per il clima” e ai sempiterni, indefiniti, chiccosisismi “diritti Lgbt”. Sembra una caricatura partorita da un redattore di Libero in vena di eccessi, è la realtà oltre ogni caricatura. Perla recente di Emily: «Quella delle occupazioni è una pratica sfidante per le amministrazioni e si sta ragionando su come coglierne il valore». La proprietà privata, specie degli immobili, è irrimediabilmente démodé, nel mondo delle piccole Elly. Come dice l’Originale, «credo nella leadership collettiva». Ovvero, in se stessa clonata e commercializzata all’infinito. Più Elly per tutti (e tutte, ci mancherebbe). 

 

 

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