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Forza Italia, cifre-choc: "100 milioni di euro", perché trema il partito

Salvatore Dama
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Silvio Berlusconi si era fatto carico di tenere in vita Forza Italia. Non solo elettoralmente, contribuendo alla campagna elettorale anche dal letto di ospedale. Ma pure finanziariamente. Gli azzurri, nel corso degli anni, hanno accumulato un debito mostruoso per un partito: cento milioni di euro. Fatti fuori, nell’arco di quasi tre decenni, in campagne elettorali, sedi operative, stipendi ai dipendenti. Da molto tempo, però, non è più così. Con la fine del finanziamento pubblico, anche per i forzisti vale la regola francescana. Spese per il battage contingentate. Personale ridotto all’osso. La sede nazionale di piazza San Lorenzo in Lucina che oramai consta di poche stanze quando, ai tempi d’oro, i quartier generali erano due: Via dell’Umiltà e Palazzo Grazioli.

Le vacche grasse erano finite ben prima che Silvio si ammalasse. Le ristrettezze economiche erano andate di pari passo con il ridursi del consenso elettorale del partito. Il buco nero però è rimasto. Forza Italia era esposta con le banche per cento milioni, si diceva. E non ha aiutato il fatto che i parlamentari- vecchi e nuovi- abbiano la propensione a non pagare la quota da versare al partito (900 euro al mese). Sicché ci ha sempre pensato il Cavaliere: «Tanto paga Pantalone...», era il suo refrain malinconico.

 


«GARANTISCE PANTALONE...» L’ex premier aveva concordato con gli istituti di credito un piano di rientro, facendo lui da garante con delle fideiussioni. «È diventato lui creditore, per cento milioni, al posto delle banche», ricorda il tesoriere azzurro Alfredo Messina, ex manager Fininvest, intervistato dall’Adnkronos. E ora che il fondatore non c’è più? Il credito ora tocca agli eredi. È la seconda generazione dei Berlusconi a dover decidere cosa fare di Forza Italia. Ancora Messina: «Alla luce del grande amore per il padre, auspico che vogliano continuare a seguire le sue orme».

L'ultimo bilancio forzista, relativo al 2022 e approvato martedì scorso dal Comitato di presidenza, conferma i conti in passivo e il Cavaliere come principale creditore per una somma che scende poco sotto quota 100 milioni. E non c’è solo il debito. Va detto che, alla luce della legge vigente per il finanziamento dei partiti, i familiari del Cav in questi ultimi anni hanno continuato a versare soldi, fino al limite della cifra autorizzata. Lo hanno fatto i figli di Silvio e il fratello Paolo.

Unica nota positiva. Pur restando il segno negativo per lo stato patrimoniale, l’ultimo rendiconto presenterebbe un avanzo di oltre 1 milione di euro rispetto al passato. Chi ha avuto modo di leggere le carte spiega che emerge un quadro di cosiddetta “economia di guerra” con tagli e risparmi, che incidono sugli spazi fisici di Fi, a cominciare dalle varie sedi, e sul numero del personale dipendente. «Una volta il partito era formato da 70-80 dipendenti, ora ne ha solo 12, abbiamo ridotto spazi, affitti, stipendi», spiega ancora il tesoriere. Poi se i morosi pagassero le quote, le cose andrebbero un pelino meglio. Anche perché l’altro strumento di finanziamento, il due per mille, per gli azzurri è sempre stato un flop. Tanto a Forza Italia - è il ragionamento dei militanti mentre compilano la dichiarazione dei redditi - ci pensa Silvio. Ma Silvio non c’è più. 

 

 

 

 

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