Meloni e Marina Berlusconi, la telefonata che ha cambiato tutto
C'è grande sintonia tra Giorgia Meloni e Marina Berlusconi. Lo dimostrano le immagini diffuse dai funerali dell'ex premier Silvio Berlusconi, dove le due si sono strette in lunghi abbracci e più volte si sono scambiate gesti d'affetto. Il loro però non è solo un rapporto personale, bensì anche di stima. Non a caso negli ambienti del centrodestra si è arrivati a definire l'accordo tra Meloni e Marina "il patto della telefonata". Tutto nasce dalla chiamata del presidente del Consiglio alla figlia del leader azzurro per fermare i fendenti del padre che, contestando la linea sull'Ucraina arrivò a dire: "Se fossi in Meloni, non andrei a incontrare Zelensky".
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Stando a quanto riportato dal Messaggero quel giorno Giorgia telefona a Marina, Marina le dice che il governo avrebbe dovuto dare un forte segnale di vicinanza al Cavaliere per rabbonirlo e Palazzo Chigi, a meno di un'ora dall'inizio dell'ultima udienza al processo Ruby ter, dove l'ex premier era imputato, ordina all'Avvocatura dello Stato di ritirare la costituzione di parte civile. Ecco dunque che il primo ramoscello d'ulivo viene lanciato. E da quel giorno il "patto della telefonata" è in continuo sviluppo.
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A detta di Marina, "Giorgia è la sola leader possibile del centrodestra, e dunque la sua stabilità è anche la nostra stabilità". Per Giorgia, senza il sostegno di Marina non c'è invece il sostegno di Forza Italia. Da qui la necessità di contare l'una sull'altra, di sostenersi. Anche quando la partita è economica come nel caso di Mediaset. Il big televisivo è già nelle mire di Vivendi, ma il governo pur di difenderlo è pronto al cosiddetto "golden power", ossia la mossa con cui l'esecutivo può bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie, che ricadano nell'interesse nazionale. Allo stesso tempo anche il premier necessita dell'appoggio di Forza Italia. In particolare quando si parla di Europa. Gli azzurri fungono come tramite verso il Ppe per la grande operazione di portare alla guida della Commissione di Bruxelles l'alleanza tra il gruppo dei Conservatori e Riformisti di Meloni e i popolari di Weber.