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Sallusti, il contrappasso: dov'era Davigo durante i funerali di Berlusconi

Alessandro Sallusti
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Milano, ore 14.50 di ieri: il feretro di Silvio Berlusconi scortato da un picchetto d’onore passa davanti a Palazzo di Giustizia diretto al Duomo dove lo attendono migliaia di persone, il presidente Mattarella, i vertici del governo e le più alte cariche delle istituzioni italiane per rendergli onore come si conviene a un padre della Patria. Milano, sempre ore 14.50: il magistrato Piercamillo Davigo, uno dei protagonisti fin dalla prima ora della caccia giudiziaria a Berlusconi organizzata dentro le mura di quel palazzo, dalla sua casa milanese osserva quell’immagine in diretta tv ed è preoccupato, è in attesa di sapere se il tribunale di Brescia accoglierà le richieste fatte poche ore prima dai pm di mandarlo in galera per un anno e quattro mesi.

 

 

 

Si dice che il tempo sia galantuomo, certamente ieri lo è stato e la storia sta presentando i conti alla cronaca trentennale taroccata da magistrati, giornalisti e politici che hanno provato ad abbattere in tutti i modi Berlusconi e il suo mondo. Quello che è successo dentro e fuori il Duomo di Milano dimostra in modo non equivocabile chi era dalla parte del giusto e chi dall’altra. Il sogno italiano di Berlusconi è rinato ieri dalle sue ceneri con la benedizione ufficiale del Capo dello Stato – non certo un berlusconiano e con uno straordinario affetto di popolo, di quell’Italia migliore che Gad Lerner stupidamente non vuol vedere. Ora sta a Giorgia Meloni aggiornarlo ai tempi, difenderlo e indirizzarlo nella giusta direzione insieme a Matteo Salvini e ad Antonio Tajani.

 

 

 

Mi piace pensare che Silvio Berlusconi abbia deciso di traslocare ad altra vita solo dopo aver messo le cose a posto, direbbe lui, o comunque aver visto che le cose si stavano mettendo a posto da sole secondo un piano che non era esattamente quello che avrebbe voluto ma molto gli assomigliava. Per il Cavaliere si tratta di un riconoscimento tardivo ma è pur sempre una straordinaria benzina per far funzionare ciò che ha lasciato in eredità, cioè per un’Italia liberale e conservatrice da contrapporre a una sinistra che ancora non ha fatto i conti fino in fondo con il suo passato comunista e che anche in queste ore lo sta pienamente dimostrando. In quanto all’uomo Silvio Berlusconi, mi affido alle parole con cui l’arcivescovo Delpini ha concluso ieri la sua omelia: “Silvio? È un uomo che ora si trova al cospetto di Dio”. Da Davigo a Dio, un bel salto, finalmente sulla sua strada un giudice terzo e corretto.

 

 

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