Sinistra-magistrati, il gioco sporco in Europa contro Meloni e governo
Non sarà un moto di rigetto popolare a decretare la fine del governo Meloni. Chi sperava in una rapida fine della luna di miele del centrodestra e della presidente del consiglio con i loro elettori ha avuto la doccia fredda del voto nei Comuni: questo non solo ha mostrato che il vento continua a gonfiare le vele della destra, ma ha detto pure che Elly Schlein non è capace di impensierire la leader di Fdi. Anche il tentativo di far “sfiduciare” il governo dalle élite europee è fallito. La presidente del consiglio ha mostrato un’inaspettata capacità di dialogare e accordarsi con Ursula von der Leyen e i potentati di Bruxelles, oltre che con gli altri leader. La visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Roma, in agenda tra due giorni, e il viaggio che entro luglio Giorgia Meloni farà a Washington, accogliendo l’invito di Joe Biden, confermano che quella del governo italiano isolato dalle altre democrazie occidentali è una favola che i giornali e alcuni leader della sinistra amano raccontare a se stessi.
Tolto il popolo, tolto il Pd, tolte le élite europee: che resta? Alcune corporazioni, ad esempio. Inclusa la più forte: quella dei magistrati. Che oltre ad essere una corporazione, e come tale preoccupata innanzitutto di mantenere i propri privilegi, è un potere dello Stato pronto a trasformarsi in un contro-potere dell’esecutivo, ogni volta che questo ha i colori del centrodestra. Così tutto, ora, passa da lì: dalle toghe. Quelle della Corte dei Conti, per cominciare. La decisione del governo di consentire ai magistrati contabili di svolgere i loro controlli sul Pnrr ad opere fatte, ma non in itinere, è presentata dall’Anm e dal coro progressista come un’aggressione allo «stato di diritto». Un attacco alla democrazia, insomma. Che il governo «orbaniano» della Meloni intensificherà nelle prossime settimane con la riforma della giustizia cui sta lavorando Carlo Nordio, e che comprenderà anche una revisione, o l’abolizione, del reato d’abuso d’ufficio.
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STAVOLTA È DIVERSO
Nelle file della magistratura, e col sostegno dei soliti partiti e giornali, si prepara quindi la grande mobilitazione. Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm ed esponente di Area, la corrente progressista delle toghe, nonché ex collaboratore del guardasigilli piddino Andrea Orlando, annuncia alla solita Repubblica che il suo sindacato è pronto a ricorrere allo sciopero e ad altri mezzi di opposizione contro il «governo illiberale». L’Associazione magistrati della Corte dei conti, che ieri si è riunita in assemblea straordinaria, accusa l’esecutivo di «indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa» e si dice pronta ad usare «gli strumenti che ha disposizione» per impedire che il disegno del governo passi.
Non è la replica del copione visto negli anni passati, stavolta c’è di più. È a Bruxelles e alle elezioni europee del 2024 che si guarda. Si cerca di usare lo scontro tra esecutivo e potere giudiziario come leva per spezzare il rapporto che il governo di Roma ha costruito con la commissione e le altre istituzioni della Ue. E la chiave è proprio quell’espressione, «stato di diritto», che rimbalza ovunque nei discorsi della sinistra. Violare lo stato di diritto, infatti, significa mettersi contro l’ordinamento europeo e finire nel libro nero accanto al presidente ungherese Viktor Orbán, al cui governo, proprio per quel motivo, sono stati congelati fondi Ue per 28 miliardi di euro. E il leader che si macchiasse di una simile colpa entrerebbe nell’elenco degli intoccabili, quelli con cui nessuna formazione democratica e moderata, come i popolari e i liberali, può accordarsi.
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Per questo a sinistra sono ossessionati dal tema e ogni giorno paragonano Meloni a Orbán: hanno capito che gli elettori e il Pd non creeranno problemi al governo e a chi lo guida e che le prossime elezioni europee potrebbero provocare davvero il grande sconquasso, la fine dell’alleanza tra socialisti e popolari e la nascita di una maggioranza di centrodestra all’interno del parlamento di Strasburgo. Il passaggio del Pd all’opposizione anche in Europa, dopo l’onta subita in Italia. Allora provano a regolare i conti nell’altro modo. Se non ci sono metodi efficaci per impedire alla Meloni e ai conservatori europei di fare il pieno di voti, si stende un cordone sanitario attorno alla Meloni, che dei conservatori è la leader, affinché quei voti valgano zero. Alzare il livello dello scontro politico tra magistrati e governo, insomma, è solo il primo passo di una strategia disperata. Che però sarà portata avanti sino alla fine, perché di migliori non ce ne sono.
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