Elly Schlein irrisa anche nella sua Bologna: ecco il murales
Una scritta su un muro vale tanto quanto il parere di chi la fa: zero o giù di lì. Ma un murale in pieno centro di Bologna, nei pannelli attorno alla torre della Garisenda, per irridere Elly Schlein appena ottanta giorni dopo la sua nomina a leader del Pd, qualcosa vuol dire.
Perché Bologna è ancora la capitale morale della sinistra, perché la sardina Schlein, vicepresidente della regione Emilia-Romagna sino allo scorso ottobre, è da lì che viene, quella è casa sua, e perché l’affronto non è stato perpetrato da un artista sovranista ingaggiato dal regime liberticida melonian-orbaniano, ma da un compagno dissacratore giunto da Livorno, l’enclave del comunismo ruspante, quello che al catalogo della Feltrinelli preferisce i titoli del Vernacoliere (tipo «Violentata si trapianta l’uccello e violenta a su’ vorta ’r violentatore», a proposito di questione gender). E poi perché l’opera non pare avere indignato nessuno nemmeno lì, all’ombra delle due torri: si sono registrati solo consensi.
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IL VENTO È CAMBIATO
Segnali, insomma. Utili a far capire che il vento è già girato. La segretaria del Pd è ritratta col basco alla “Che” Guevara. In una mano ha una copia di Vogue, la rivista di moda alla quale ha rilasciato la surreale intervista in cui spiega che per vestirsi si rivolge ad un’armocromista bolognese adeguatamente remunerata, in un servizio corredato da foto che la vedono in posa con espressione estatica da modella.
Nell’altra mano tiene una borsa col logo della boutique di Christian Dior. Poggia un piede su un sgabello, davanti ad un lustrascarpe chino a pulirle la calzatura (l’unico che sa cos’è il lavoro, dei due), mentre la speranza della sinistra italiana, con qualche macchia di fango post-alluvionale addosso, ha lo sguardo alto e l’espressione di chi sa di appartenere alla classe dominante. La revolución cubana che fa pendant con l’alta moda francese: lussi che pochi possono permettersi.
L’artista di strada che l’ha realizzata si chiama Mart Signed ed è nato a Livorno nel 1988. «Abbiamo scelto Schlein data la sua forza mediatica: sembra quasi interessarsi più alle copertine patinate, e all’estetica, che al resto. Se avessero speso i soldi, o li avessero indirizzati nel modo giusto, magari questa tragedia si poteva evitare», spiega al Quotidiano nazionale che lo intervista. Aggiungendo che «gli unici stivali a non essere affondati nel fango sono stati quelli di Elly Schlein».
Consiglio non richiesto dell’artista alla sua vittima: «Un cambio di rotta, meno glamour e più sostanziale, sembra l’unico possibile per ristabilire un diretto rapporto non soltanto con l’elettorato, ma con un intero territorio». Reazioni? «Appena terminato, una coppia di ragazzi lo ha visto e ci ha detto: “Bravissimi”».
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SOTTO IL VESTITO
Appena due mesi fa, sarebbe stato come se uno striscione contro Osimhen fosse apparso nei quartieri spagnoli di Napoli. Ma in queste settimane c’è stata Vogue; si è scoperto, nel modo peggiore, che la giunta regionale di cui la Schlein era vicepresidente non ha costruito le opere che avrebbero mitigato i danni dell’alluvione; ci sono state le prime vere batoste elettorali. Soprattutto, è diventata evidente l’inconsistenza delle proposte della leader del Pd: sotto il vestito armocromatico nulla. E se a Bologna è davvero finito l’incanto, figuriamoci altrove.