Francesco Storace travolge gli anti-Roccella: "Cosa sono davvero"
Fateveli passare i complessi di inferiorità, le sudditanze, le paure: i fascisti in Italia non sono né a destra né a sinistra. Così come, semplicemente, quelli di Torino - i bambini viziati che non hanno voluto far parlare il ministro Eugenia Roccella - non sono neppure loro fascisti. Ma comunisti, con due pugni così, recitava Mario Brega con Carlo Verdone. A destra bisogna avere un po’ più di coraggio nella guerra delle parole con cui la sinistra vuole dominare la società. La Roccella è l’unica perdonabile nell’aver parlato di «fascismo degli antifascisti», aveva un trauma da far passare dopo aver subito una violenza, per fortuna solo verbale. Ma fascismo degli antifascisti è come se si parlasse degli angeli dell’inferno o dei romanisti vestiti di biancoceleste. No, pane al pane e vino al vino: sono comunisti senza se e senza ma.
Ma si può essere democratici senza l’obbligo di essere antifascisti. Perché semplicemente il fascismo è nato cento anni orsono e finito ottanta anni fa. È anche vero che si può essere antifascisti senza essere comunisti (e pure qui cominciano i rischi). Ma non serve mascherare da fascisti i comunisti. Perché quando l’antifascismo diventa militanza commette anche omicidi. Negli anni di piombo lo abbiamo sperimentato a costo di rimetterci la pellaccia. Chi è giovane non lo comprende. È capitato persino a un brillante intellettuale come Francesco Giubilei che pensava di mettere in fuga i teppisti comunisti di Torino gridandogli fascisti: gli hanno riso in faccia. Basterebbe un po’ di memoria. E di rispetto della verità perché da destra - che alcuni individuano ancora come fascista anche senza inseguire totalitarismi - nessuno, se non pochissimi esaltati, va a disturbare i comizi altrui. Ha scritto bene Feltri: la Roccella si è vista negare persino il suo diritto a esistere, non le hanno permesso di pronunciare una sola parola.
"Una per una nel c**o": Lagioia? Ecco chi è il "maestrino" del Salone del Libro
Perché era lei, si giustificano. Roba da Gulag. Al momento del suo insediamento come premier Giorgia Meloni usò sul tema parole quantomai appropriate: «Ho conosciuto giovanissima il profumo della libertà», disse la Meloni alla Camera «l’ansia per la verità storica e il rigetto per qualsiasi forma di sopruso o discriminazione proprio militando nella destra democratica italiana. Una comunità di uomini e donne che ha sempre agito alla luce del sole e a pieno titolo nelle nostre istituzioni repubblicane, anche negli anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando, nel nome dell’antifascismo militante, ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiavi inglesi». Quei giovani venivano additati come fascisti e troppo spesso ammazzati dai comunisti del tempo. Che senso avrebbe oggi come allora dare del “fa scista” ai loro carnefici? La Meloni non è andata a Palazzo Chigi dopo una marcia su Roma e con il consenso del Re. Semplicemente è diventata premier come guida della coalizione più votata dal popolo italiano. E chi non tollera ancora di vederla lì a governare - o addirittura nel fango della Romagna - è comunista. Altro non c’è.
"Vi dico perché la Schlein sta con gli anti-Roccella": Senaldi, il dubbio atroce