Morrone della Lega contro Bonaccini: "Che fine hanno fatto quei soldi?"
Non c’è solo l’imprevedibilità dell’evento atmosferico alla base di quanto accaduto in Emilia Romagna. Sì, è vero, sono caduti 300 millimetri di pioggia in 48 ore. Ma la colpa è anche della mancata prevenzione. Casse di espansione che mancano come la manutenzione per le frane e la mancata pulizia dei corsi d’acqua, sono alcuni degli elementi che hanno contribuito all’alluvione. Eppure per la legislatura 2020-25 la Regione Emilia Romagna ha programmato interventi di sicurezza idrogeologica pari a 800.777.345 euro. Ne abbiamo chiesto conto a Jacopo Morrone, onorevole forlivese, in forza alla Lega e membro della Commissione giustizia alla Camera.
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Vista la catastrofe, sono stati spesi male?
«Alle promesse dovrebbero seguire i fatti. Ma gli investimenti annunciati non so quanti e quali risultati abbiano dato in Romagna visti i danni e in particolare nella provincia di Forlì-Cesena, quella con la maggior percentuale di territorio potenzialmente soggetto a frane».
Scarsi: in questi tre giorni di alluvioni abbiamo avuto quasi 300 movimenti franosi.
«Il governatore Bonaccini e l’allora sua vice Elly Schlein, hanno dato annunci di stanziamenti per 5 milioni nel 2022 e 11 nel 2023 per la viabilità in tutti i comuni montani. Ma non è dato sapere a quanto ammonti la cifra destinata alla Romagna e per quali progetti».
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Sta di fatto che ad ogni fenomeno meteo si ripresentano frane e smottamenti.
«Già, creando danni e enormi disagi, come stiamo vedendo. Purtroppo la congiuntura meteo che si è presentata in questi giorni, con vari fenomeni concomitanti, ha provocato un disastro da cui ci solleveremo. Ma è indubbio che tutto questo ha evidenziato le gravi carenze organizzative della Regione e la mancanza di un ente-regista che servirebbe per coordinare meglio le operazioni di pronto intervento. Da anni sosteniamo che se la montagna si spopola e non è tutelata con azioni concrete i guasti si ripercuotono in pianura».
Tra il 2015 e il 2022 la Giunta ha ricevuto e destinato oltre 190 milioni di euro per la realizzazione di 23 ‘casse di espansione’ utili a evitare le esondazioni dei fiumi. Ma di queste ne funzionano solo 12...
«Quello che è successo dimostra che non sono riusciti a programmare la gestione delle risorse. Non basta avere i soldi, bisogna saperli spendere. La riprova è l’Emilia Romagna sott’acqua. Per due volte. Quello capitato non è un evento climatico straordinario, ma è anche frutto di mancanze. Gli argini dei fiumi vanno puliti ma non in modo superficiale. La gente è arrabbiata perché queste cose le sa. Sa che un taglio del nastro accanto a un argine sistemato non porta voti e quindi non è una priorità. Non è che ci si può svegliare quando i danni sono fatti».
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Poco dopo l’alluvione del 1° maggio che ha colpito sempre l’Emilia Romagna, l’assessore Irene Priolo ha annunciato l’investimento di 18 milioni per l’emergenza. Sono stati spesi bene almeno questi?
«Siamo in attesa di risposte. Ripeto: questa emergenza non ha nulla a che vedere con i cambiamenti climatici che sono e rimangono un’ipotesi, per molti scienziati, non provata, ma utili a indirizzare politiche e nuove priorità. E non vorremmo fossero utilizzati per scansare oggettive responsabilità».