Giorgia Meloni, veleno puro dalla Francia: "Modello sbagliato", chi ci infanga
Le frasi pronunciate martedì sera a Reykjavík dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron nei confronti dell’Italia e del suo presidente del Consiglio, Giorgia Meloni – «non può essere lasciata da sola davanti alla pressione migratoria», «con Meloni ci confronteremo, spero di poter cooperare con il suo governo» – sembravano aprire a uno scenario di disgelo tra Parigi e Roma, dopo gli screzi delle scorse settimane. Ma la volontà di ricucire da parte del governo francese è durata soltanto poche ore, perché ieri mattina, su France Inter, il ministro dell’Interno di Parigi, Gérald Darmanin, è tornato a picchiare duro contro l’Italia. «Quando si fanno promesse avventate, quando si è esponenti dell’estrema destra – la Meloni non è propriamente una progressista di sinistra – ci si rende conto che la realtà è più dura», ha tuonato il gollista diventato uomo forte della macronia, prima di aggiungere: «Il mio attacco non è contro gli italiani, ma contro le personalità politiche. Abbiamo il diritto di dire che la Le Pen, la Meloni, non hanno il modello giusto». Sempre ai microfoni di France Inter, Darmanin ha aggiunto che il presidente del Consiglio italiano «ha insultato molte volte il presidente della Repubblica» francese nel passato, come a dire: lo hai fatto tu, lo facciamo anche noi, c’è poco da lamentarsi cara Giorgia.
SCARSO CONSENSO
Ma l’ennesima esternazione improvvida da parte dell’ex pasdaran di Sarkozy è soprattutto un sintomo di debolezza dell’attuale governo francese, privo di maggioranza in Parlamento, contestato in masse nelle piazze e alla guida di un Paese pervaso da un diffuso malcontento. La riforma delle pensioni, fatta passare con la forza grazie all’attivazione del 49.3, l’articolo della Costituzione che permette di approvare una legge senza il voto dei deputati, ha lasciato un sentimento di grande frustrazione e rabbia in tutte le fasce sociali. Anche perché il passaggio forzato della riforma del sistema pensionistico è stato aggravato degli episodi di violenza di cui si sono rese protagoniste le forze dell’ordine guidate da quel Darmanin che oggi mena sciabolate contro l’Italia. «È il coautore del declino in cui la Francia si trova oggi, segnata da un’esplosione dell’insicurezza e da un’immigrazione record», ha attaccato sul Point la sua ex compagna di partito, Nadine Morano, esponente dei Républicains.
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«La povertà e la mediocrità dei suoi risultati, accanto all’umiliazione inflittagli dal primo ministro (Élisabeth Borne, ndr) che ha deciso di rinviare sine die il disegno di legge sull’immigrazione, lo riducono alla postura di un ministro costretto a fare senza sosta lo sbruffone nei talk-show televisivi. Le sue dichiarazioni nei confronti dell’Italia, che è uno Stato membro fondatore dell’Unione europea, sono scandalose! Noto sconcertata che è la terza crisi diplomatica col nostro vicino dall’arrivo di Emmanuel Macron al potere». C’è poi il capitolo delle elezioni europee del prossimo anno che crea grandi attacchi di panico dalle parti dell’Eliseo, soprattutto alla luce degli ultimi sondaggi che danno il Rassemblement national primo partito con il 26 per cento. Macron, si sa, è salito all’Eliseo nel 2017 anche grazie alla sua promessa di «rinascimento europeo», delineata durante il discorso fondativo pronunciato alla Sorbona nel 2017. Ma il suo progetto potrebbe essere ostacolato proprio da quella Giorgia Meloni a cui oggi dedica la maggior parte degli attacchi e che in vista del 2024 lavora per unire i conservatori di Ecr, il gruppo di cui fa parte Fratelli d’Italia, e il Ppe di Manfred Weber (quest’ultimo, negli ultimi tempi, ha usato sempre parole dolci nei confronti di Meloni, e criticato invece severamente le mosse di Macron).
PROGETTI OPPOSTI
Non è un caso, insomma, se pochi giorni fa è stato sguinzagliato l’eurodeputato Stéphane Séjourné, presidente di Renaissance (il partito di Macron) per aggiungere altro veleno contro Meloni, «fa molta demagogia dinnanzi all’immigrazione clandestina: la sua politica è ingiusta, disumana e inefficace». La condanna in appello per corruzione subìta ieri dall’ex presidente gollista Nicolas Sarkozyè, in un certo senso, un’altra brutta notizia per la macronia. Sarkò, si sa, è un consigliere ombra di Macron dal 2017. Confessione di un deputato della maggioranza: «Emmanuel Macron consulta molte persone, mai consigli di Sarkozy hanno naturalmente un valore diverso in ragione del suo status».
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