Giuseppe Conte, M5s in caduta libera: scoppia il panico
Lo ammettono anche gli stessi grillini: alle Amministrative «non sfondiamo». L’ultima tornata elettorale segna infatti il crollo del M5S, sotto al 2% al Nord, irrilevante un po’ ovunque, da Brescia ad Ancona, in difficoltà nel Mezzogiorno. Nel capoluogo marchigiano, per fare un esempio, i pentastellati sono passati dal 16,45 per cento di cinque anni fa, quando erano il secondo partito, al 3,7 attuale, cifra che non consente neppure di entrare in Consiglio comunale. Unica consolazione: Ivrea, patria elettiva del fondatore Gianroberto Casaleggio, nonché sede prescelta dal figlio Davide per trasferire la sua società di consulenza. La cittadina piemontese che Giuseppe Conte in campagna elettorale aveva elevato a «laboratorio politico per contrastare le destre», ha rianimato i pentastellati, ma solo perché erano alleati con il Pd.
In sintesi: l’alleanza giallorossa a Ivrea ha retto, ma altrove non ha funzionato e lo sanno bene anche loro. L’ex premier ufficialmente non commenta, mentre il capogruppo alla Camera, Francesco Silvestri, spera nel secondo turno per risollevare le percentuali di un partito ormai lontano dai fasti delle Politiche del 2018.
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«Dobbiamo aspettare il verdetto. Il M5S è al ballottaggio in molti comuni e grandi città come Brindisi», ha detto a Isoradio ammettendo che sì «il Movimento ha sempre avuto difficoltà storiche sul territorio. Ma abbiamo avviato con Conte un progetto per un maggiore radicamento sul territorio».
Di questo radicamento, però, non c’è traccia nella fotografia scattata di Youtrend; l’analisi dei dati dell’istituto diretto da Lorenzo Pregliasco sull’andamento dei pentastellati è impietosa: se il centrodestra può essere soddisfatto per il risultato fin qui ottenuto, specie in città storicamente di sinistra, e la partita risulta aperta nei principali Comuni interessati a questa tornata, lo stesso non si può dire per i Cinquestelle che riescono a superare il 3% solo a Terni (6,5%), Brindisi (5,1%) e Latina (3,2%) e questo, secondo Pregliasco, si spiega col fatto che quello di Conte «è un movimento di opinione, che va meglio alle politiche che non alle comunali, dove manca la base territoriale».
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In realtà, la botta tra i Cinquestelle è stata avvertita e prova ne sia il malumore che traspare dalle chat dei parlamentari, anche vicini all’ex premier, per la prima volta finito sul banco degli imputati. «Abbiamo sbagliato tutto o quasi», è l’autocritica di alcuni Cinquestelle, riportata dal Corriere. E un altro sfogo: «I nostri consiglieri sono stati più che dimezzati e la questione riguarda la nostra classe dirigente. In Friuli Venezia Giulia, regione del nostro capogruppo abbiamo preso il 2,4%, a Massa il 2,7%».
A questo punto il Movimento deve scegliere se rispondere all’appello della segretaria del Pd che ieri ha invitato tutti a unire le forze in vista del secondo turno, o se invece continuare a marciare in solitaria con il rischio di rimanere a percentuali da prefisso telefonico o giù di lì. Il problema, com’è noto, non mettere insieme Schlein e Conte, ma riesumare il “campo largo” comprendendo anche Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda, al momento impegnati però più a tenere invita il Terzo Polo che a sedersi al tavolo con il grillini. E i pentastellati, per ora, restano freddi su intese con i dem.