Giuseppe Conte, "quando c'ero io...": l'autoelogio con cui si copre di ridicolo
Sarà per l’entusiasmo dettato dal fatto che il suo ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio sia diventato inviato speciale Ue nel Golfo Persico, sta di fatto Giuseppe Conte torna a parlare di politica internazionale. E, disquisendo di guerra, rivendica il ruolo centrale che la sua Italia ricopriva nello scacchiere internazionale, a fronte di una destra, in preda a «uno slancio bellicistico», si muove solo a rimorchio delle cancellerie straniere.
«Osservo», dice l’ex premier a La Stampa «che oggi l’Italia, sia a Washington sia a Bruxelles, si sta limitando a seguire indicazioni di altri e non incide su nulla. Dall’economia alla guerra, dall’immigrazione alla transizione ecologica», conclude Conte «non tocchiamo palla». Sarà, ma gli italiani hanno altri ricordi con Di Maio e Conte al timone della politica estera. Ricordano il vassallaggio alla Cina, la via della seta, le figuracce grilline in Francia con i gilè gialli, i voltafaccia con gli Stati Uniti, il caso Russia-Covid, le incertezze sull’acquisto dei vaccini...
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