De Benedetti per colpire Meloni usa anche la madre del premier
Ci hanno provato e riprovato con Giorgia Meloni cercando tracce di fascismo – anche quelle farlocche – nella sua storia politica: niente da fare. È stato il turno, poi, della fantomatica “lobby nera” con cui hanno cercato di azzannare almeno i suoi fedelissimi: un buco nell’acqua clamoroso. Si sono arresi all’evidenza?
Per nulla. A sinistra non se ne fanno proprio una ragione.
L’ultima trovata vede in campo due colossi dell’informazione progressista– De Benedetti e il gruppo Gedi, Domani e Repubblica – che a ridosso della “festa della mamma” hanno pensato bene di portare l’attacco al cuore della famiglia: alla madre della premier, Anna Paratore. È lei l’obiettivo, insieme a Giorgia, di due inchieste ribattezzate «Meloni e gli affari di famiglia» e «La sfavorita» nelle quali alla leader di FdI è stato contestato fondamentalmente un nuovo reato: degno, questo sì, dei tribunali sovietici. Quale? Quello di aver costruito una formidabile (e vera) «narrazione» con la sua autobiografia “Io sono Giorgia”. Troppo secondo le firme dei giornali progressisti che per 7 mesi (sic) hanno passato a setaccio le pagine della sua storia producendo un gigantesco fact checking. Risultato? Nulla di rilevante: né dal punto di vista giudiziario né da quello politico.
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Partiamo dall’inchiesta di Domani sui presunti «affari» che riguarderebbero la famiglia della premier. Il riferimento è una società spagnola, la Nofumomas, amministrata dal 2004 da Francesco Meloni, il padre (arrestato per traffico di droga e scomparso nel 2012) con cui Giorgia ha rotto traumaticamente ogni rapporto nel lontano 1988. In questa società è stato scoperto che l’azionista principale era Raffaele Matano, per un periodo compagno della madre Anna la quale è stata in affari con quest’ultimo per una stagione.
La notizia qual è? Che nessuno dei familiari della premier è coinvolto nei risvolti giudiziari! Ad ammetterlo – nella replica chiesta proprio da Giorgia Meloni – è lo stesso direttore Fittipaldi: «Il capo della destra ci chiede, in primis, se “in questa inchiesta avete ravvisato degli illeciti, qualcosa che il presidente del Consiglio avrebbe fatto di illegale”. A parte le condanne ricevute dal padre, dall’ex socio della madre Raffaele Matano e dalla sorellastra (Barbara, ndr), no». Proprio così: Meloni, nel controreplicare alle domande poste dal quotidiano, ha centrato il problema. Né lei né nessuna delle persone a cui è legata è stata coinvolta penalmente nell’intreccio di società. Con le stesse sorellastre i rapporti «si sono interrotti completamente da circa vent’anni».
Obiettivo nell’obiettivo dei segugi, però, sembra quello di smontare la narrazione della premier: il fatto che l’allora compagno di sua madre fosse in affari con suo padre proverebbe in qualche modo che i contatti fra lei e il signor Meloni fossero proseguiti oltre la condanna per narcotraffico. «Non so nulla della società in Spagna – ha ribattuto la premier – e anche mia madre non ne rammenta nulla. E confermo di non aver avuto alcun rapporto con mio padre da quando ero ragazzina, né li ha più avuti mia madre».
OBIETTIVO FALLITO
Caso chiuso? Nemmeno per sogno. Il fuoco incrociato è continuato ieri. L’ulteriore livello – sempre per Domani a cui si è aggiunta Repubblica – è colpire “l’underdog”: ossia il percorso di fatica e dal basso affrontato da Giorgia per emergere fino al traguardo più alto. E come fare a colpire questa storia se non cercando di attaccarla sul lato economico? Ed ecco arrivare i soliti sospetti, stavolta sulla «misteriosa rete finanziaria» che ruoterebbe attorno alla madre. Sotto la lente di ingradimento le attività imprenditoriali e non della signora: a partire dalla legittima vendita di una società sulla quale nessuno ha rilevato alcunché, per arrivare a mettere in discussione le difficoltà economiche che la signora Anna ha dovuto affrontare per crescere Arianna e Giorgia da sola.
Anche qui, dunque, nulla di concreto. Se non – come ha osservato Meloni – «mettere un po’ di fango nel ventilatore e accenderlo», colpendo la persona più vicina a lei. L’obiettivo è chiaro: farle perdere la calma. Non ci sono riusciti né accadrà: «Perché io so esattamente chi sono: una persona onesta e libera. Qualcosa che altri, evidentemente, non possono rivendicare con la stessa forza. Sono convinta che sia proprio questo a farvi impazzire».
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