Giuseppe Conte? Non tollera di non comandare più
Questa storia delle riforme che non si possono fare “a colpi di maggioranza” è bugiarda innanzitutto perché a raccontarla non è chi contesta il principio maggioritario, ma chi non tollera che la maggioranza sia altrui. Se poi a ripeterla è uno come Giuseppe Conte, lo statista apulo-venezuelano che con la sinistra collaborazionista ha mandato in desuetudine l’istituto parlamentare sostituendolo con la sua fabbrica di decreti personali, allora non c’è da trasecolare solo perché da quel damerino in debito di congiuntivo c’è da aspettarsi davvero di tutto.
Durante l’imperio del vaffanculo in pochette la vita economica, sociale, politica e civile degli italiani è stata regolata - cioè sequestrata - da maggioranze che affidavano il Paese ai capricci di quell’autocrate improvvisato, uno che - nell’acquiescenza dei fedeli della Costituzione più bella del mondo - abbatteva una per una tutte le libertà fondamentali dei cittadini illustrando in conferenza stampa l’ennesimo Dpcm incostituzionale e spiegando che lui - non la legge, non l’ordinamento: lui - “consentiva” questo e “non consentiva” quest’altro, salvo dichiararsi “disponibile” (testuale) a valutare i rilievi del parlamento sulle magnificenze del modello italiano architettato con il suo giro di super commissari ed esperti di depilazione ascellare: “disponibile”, si noti, come se si discutesse di una liberale concessione.
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Che sia ora la stessa schiatta di pericolosi analfabeti, sostenuta dalla sinistra più indecente d’Europa, a recitare l’abc delle riforme perbene non è neppure sorprendente: è solo oscenamente prevedibile.
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