Giorgia Meloni ed Elly Schlein, scontro finale: quando si vedranno
La cornice è istituzionale: Montecitorio, la biblioteca del presidente della Camera. E anche la formula, il giro di consultazioni, dai gruppi più piccoli fino ai più grandi, anticipa il ruolo che Giorgia Meloni sogna: quello di presidente (o poi probabilmente premier) eletto dal popolo. Il tema degli incontri, che si svolgeranno martedì 9 maggio, saranno le riforme. A cominciare da quella che ridisegna la forma del governo (presidenzialismo o premierato). Meloni, però, non sarà sola. A sottolineare l’importanza che si assegna al dossier, insieme a lei ci saranno i vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, i ministri Elisabetta Casellati e Luca Ciriani, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e il costituzionalista Francesco Saverio Marini.
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GIRO DI TAVOLO
Si partirà da Più Europa per proseguire con le Autonomie, poi Alleanza Verdi e Sinistra, Azione e Italia Viva, M5S e Pd. L’incontro clou sarà l’ultimo, quello con Elly Schlein. È la prima volta che le due leader si incontrano. La segretaria dem ancora non ha confermato la sua presenza. «Andiamo ad ascoltare», si spiega tra i dem. Del resto, l’occasione è utile anche lei, per confermarsi nel ruolo di anti-Giorgia. Prima di martedì, in ogni caso, Schlein convochera gli organismi del partito, a cominciare dalla segreteria. Come a dire che non sarà solo un duello Elly vs Giorgia, ma che si farà portavoce di una comunità più larga. Non ci sarà il leader del M5S, Giuseppe Conte, perché sarà a Brescia, dove è stato convocato dal Tribunale dei ministri, insieme all’ex ministro della salute Roberto Speranza, per l’inchiesta sulla gestione del Covid. Un’altra occasione per distinguersi dalla sua vicina e competitor, Schlein. Al suo posto andrà, comunque, una delegazione del M5S.
Le posizioni in campo sono note. Ed erano già emerse nei mesi scorsi, quando Casellati fece un primo giro di colloqui. Da tutte le opposizioni era stato detto no al presidenzialismo e anche al premierato. Così come al progetto di Autonomia del ministro Calderoli. Unica eccezione, il terzo polo che si era detto non solo disponibile al dialogo, ma aperto a discutere di premierato. Nelle ultime settimane si era poi aggiunto lo scontro sul ballottaggio alle comunali, che il centrodestra vorrebbe eliminare se si supera la soglia del 40% al primo turno. Una proposta che aveva provocato barricate dal Pd. Casellati giorni fa ha spiegato che «entro l’estate» presenterà un ddl di riforma costituzionale con al centro «il rapporto fra la comunità nazionale e i suoi rappresentanti, che passi attraverso meccanismi di elezione diretta dei vertici delle istituzioni, come il presidente della Repubblica o il presidente del Consiglio». Dunque, presidenzialismo o premierato.
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FAVOREVOLI E CONTRARI
La sponda, per Meloni, sono Azione e Italia Viva, divisi, ma ancora uniti nei gruppi, tanto che andranno con una unica delegazione all’incontro. «Siamo contrari al presidenzialismo perché il presidente della Repubblica è l’unica istituzione da cui cittadini si sentono rappresentati. Favorevoli al premierato, eletto direttamente e con più poteri», è la posizione di Calenda. M5S, Alleanza Verdi-Sinistra e Pd, invece, confermeranno il no a qualsiasi forma di elezione diretta, che sia del premier o del presidente della Repubblica. Il modello preferito dal Pd è il premierato alla tedesca. «La nostra proposta è l’introduzione della sfiducia costruttiva e del potere di nomina e revoca dei ministri sul modello tedesco». Lo spirito è quello del dialogo, ma «senza accettare veti», ha detto ieri Tajani. Il centrodestra vuole portare a casa una riforma. Il governo sembra orientato sull’elezione diretta del premier. FdI vorrebbe poi inserire il dossier su Roma capitale. Magari con una “bicameralina” guidata da Marcello Pera.
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