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Evviva il governo Meloni che lavora anche il Primo maggio

Matteo Mion
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Grazie Meloni! Il messaggio è sibillino: il primo maggio l’Italia festeggia il lavoro con il lavoro! Chapeau! Non tutti ovviamente suderanno lunedì, ma il governo sì. La penisola, che eccelle in macchiette e debito pubblico, manda finalmente urbi et orbi un messaggio di serietà: zitti, testa bassa e olio di gomito. Mentre sinistra e sindacati si sperticheranno in piroette e marcette, dibattiti sui diritti dei lavoratori e tavole rotonde sui redditi dei poltroni, la destra lavora. “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” ed ecco i tanto vituperati afascisti applicare alla lettera l’articolo 1 della Costituzione antifascista (non è più appropriato ed elegante definirla liberale?) e marameo fannulloni! Badi bene il lettore che, causa un’aporia assoluta verso tutto ciò che è l’attuale politica, non festeggio l’esecutivo, ma il lavoro. E prendo buona nota che, dopo l’indigestione di orazioni del 25 aprile, c’è chi preferisce lavorare all’ennesima abbuffata di sermoni e retorica.

 

 


È estenuante dibattere per settimane di fascismo e antifascismo a quasi un secolo di distanza, ma almeno esiste materia di discussione, seppur da relegare nei libri di storia. Il lavoro, invece, almeno quello, è uguale per tutti: da sempre, però, mi domando come sia possibile celebrare qualcosa, facendo l’esatto opposto. Non è un po’ come a Natale santificare Gesù pregando il diavolo? O, per rimanere in tema, festeggiare la Liberazione indossando la camicia nera? L’altra sera su La7 la suadente erremoscia di Bertinotti biasimava il governo Meloni reo di non fermarsi a manifestare la supremazia del diritto alla vita su quello al lavoro. Egregissimo Fausto, che c’entra il diritto alla vita che si acquisisce con la nascita e ammesso che sia un diritto- viene in rilievo solo al momento della morte perché lo stato vuole mettere bocca anche sul nostro trapasso. Secondo il suo ragionamento a Luana Englaro avrebbero dovuto chiedere se voleva andare a lavorare.

 


Orbene, il sovvertimento universale del buon senso è pratica ormai così diffusa al punto che per raggiungere la pace bisogna sparare, ma il lavoro è lavoro. $ oggettivo! Non mi fregate né col politically correct, né con governi di migliori o peggiori: osi suda o non si suda, tertium non datur. E finalmente io, che come tanti italiani non credo più a nessuna promessa elettorale, rilevo un fatto nuovo, importante e, considerate le italiche terga, quasi sconvolgente: il governo italiano lavora il primo maggio! Faccio le riverenze a questi signori, perché il lavoro, qualunque esso sia e in qualunque giorno esso sia, nobilita sempre l’uomo. E in questo caso riavvicina la politica alla realtà, al sacrificio (sacer/facio faccio cose sacre) e a migliaia di concittadini che anche il primo maggio lavoreranno in silenzio, in bianco o in nero, in fabbrica, ristorante o ufficio, ma lavoreranno. Torneranno a casa stanchi, accenderanno la tv e registreranno che c’è chi predilige i fatti alle parole, l’olio di gomito a danze e sfilate arcobaleno, il Pil al debito, il decreto lavoro alla prosopopea rossa. Complimenti e buon Lavoro, Presidente Meloni!

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