Elly Schlein, rivolta nel Pd: "Più che una segretaria..."
Il giorno dopo l’uscita di Enrico Borghi e la scoperta di avere una segretaria che si avvale di un’armocromista, le chat dei riformisti dem ribollono. «Siamo preoccupati e arrabbiati», spiega una di loro, sintetizzando la discussione di queste ore. Sul primo punto - la silenziosa emorragia di riformisti, cattolici, popolari – si chiede una reazione, un gesto, un’attenzione che per ora non ci sono state: «Schlein deve prendere seriamente in considerazione il disagio che c’è in una parte importante del Pd, quasi la metà». Basta sottovalutazioni, indifferenza, basta minimizzare. «E deve esserci», si continua, «una condivisione vera e non di facciata, come ha fatto con quei quattro miseri posti in segreteria».
Ovvero i posti assegnati all’area Bonaccini nell’organismo politico che affianca la leader. E qui veniamo all’altro punto dolente: il governatore dell’Emilia Romagna, arrivato secondo alle primarie, ma primo tra gli iscritti. «Bonaccini», si lamenta un alto dirigente di Base Riformista, «deve prendere un’iniziativa che a oggi ancora non ha preso. Non Alti dirigenti può passare tutto sotto silenzio». Insomma, Bonaccini batti un colpo. Il rapporto privilegiato tra i due, che solo pochi mesi fa erano una la vice dell’altro, viene vista come una trappola: si accordano, ma a farne le spese sono quelli che hanno seguito il governatore. Vedi gli assetti interni. È vero, nota qualcun altro, che i sondaggi stanno premiando Schlein. Da quando lei è al comando, il Pd è cresciuto.
E questo è un bene per tutti. «Ma quanto durerà?», ci si chiede. Può continuare a «surfare sui problemi identitari» e a «rimanere nell’ambiguità su tanti temi». Ma poi dovrà decidere. Ci si lamenta delle sue troppe assenze dal Nazareno (cosa che in realtà Schlein considera un punto di forza: stare fuori, nelle piazze, in giro). «Va tutto bene, ma poi ti devi anche occupare del partito. Mentre lei non lo fa. Non parla con nessuno, non dice mai niente, sparisce, si disinteressa».
Il secondo punto, l’intervista a Vogue Italia, è l’altro motivo di allarme. «Più che una segreteria, abbiamo una influencer», è la battuta di un altro big di Base Riformista. Va detto che è anche la ragione per cui sta conquistando mondi che fin qui erano lontanissimi dal Pd. Gli stessi che hanno decretato il suo successo alle primarie. A cominciare dai giovani. È la ragione per cui, quando va nelle piazze, ha un seguito che raramente si vedeva con gli altri. «Ma quanto può durare?», si chiede un’altra. «O lei o noi siamo in una bolla. Ma prima o poi scoppia. La narrazione che si sta cucendo addosso non le farà bene. Andando avanti così va a finire male alle Europee». Schlein, però, non si lascia deviare dalla sua strada. Con chi le ha parlato si è detta «stupita» per l’addio di Borghi. «Ma non preoccupata».
Ha ricordato che ogni posizione presa dal partito è stata concordata prestando massima attenzione alle varie sensibilità del Pd: dal termovalorizzatore, sul quale non era d’accordo, all’Ucraina alla Gpa. Per questo l’addio di Borghi l’ha spiazzata. Non va oltre, ma nel Pd in tanti malignano su questa rottura, ipotizzando contropartite da parte di Matteo Renzi. Resta, però, il timore di nuove uscite. Si vocifera di Caterina Chinnici, europarlamentare, che passerebbe con Forza Italia, e di Carlo Cottarelli, per il quale sarebbe vicino l’approdo ad Azione. Schlein non commenta. Ieri si è limitata a due note. Una sul decreto lavoro che il governo intende approvare il primo maggio, l’altra sulla bocciatura del Def, «episodio», ha commentato, «di imperdonabile sciatteria della maggioranza».