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25 aprile, il Pd contro la Meloni: "Mettici la faccia!". Crisi di nervi dopo la lettera

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Non si è mai abbastanza antifascisti per la sinistra. La prova plastica arriva il 25 aprile: la premier Giorgia Meloni spazza via settimane, anzi anni di accuse, sospetti e veleni scrivendo al Corriere della Sera una lettera chiara e inequivocabile sul tema. I partiti di destra che siedono in Parlamento, ha rivendicato la premier, hanno già fatto i conti con il loro passato e soprattutto sono "incompatibili con qualsiasi nostalgia del fascismo". Non è sufficiente, però, e Pd e sinistra protestano vibrantemente. Forse perché la leader di Fratelli d'Italia ha fatto notare loro che molti antifascisti "stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica" e che questo è "usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa, come ha insegnato Augusto Del Noce, che per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto". Inaccettabile da ascoltare per chi è sempre stato abituato a parlare dal pulpito (e spesso senza contraddittorio).

A far capire subito che aria tira dal Nazareno ci pensa di buon mattino Peppe Provenzano, responsabile esteri del Pd: "Non c'è Libertà, senza Liberazione. Non c'è Liberazione, senza Resistenza. Non c'è Resistenza, senza Antifascismo. Buon 25 aprile, ora e sempre", scrive su Twitter. Forse non ha ancora letto la lettera della Meloni al Corriere, ma tranquillo; ci pensano i suoi compagni di partito. "Mi auguro che il desiderio che il 25 aprile sia davvero la festa di tutti e che l'antifascismo sia un valore fondante della nostra democrazia, sia un desiderio autentico, sincero, genuino", sospetta il sindaco di Firenze Dario Nardella. Gli fa eco Francesco Boccia, dal corteo di Roma: "Festeggiare il 25 Aprile ci deve sempre ricordare che democrazia e libertà nel nostro Paese sono state ottenute con coraggio e forza, anche a costo della morte, da chi si unì per combattere contro nazisti e fascisti che quella democrazia e quella libertà non volevano riconoscere". E la premier? "Oggi in Italia è la festa della Liberazione dal fascismo, non solo la festa della libertà. La radice della nostra storia repubblicana è antifascista. Per questo spiace che Giorgia Meloni, pur in uno sforzo che le riconosciamo ma che mantiene una evidente reticenza, non riesca a dichiararsi antifascista. Non si tratta di non aver nostalgie del fascismo ma di riconoscersi nei valori della nostra Costituzione. Chi parla di festa della libertà e non di festa della Liberazione dimostra di non voler comprendere. Noi continueremo, oggi e sempre, a difendere i valori dell'antifascismo e della democrazia contenuti nella nostra Carta".

Non poteva tirarsi fuori dal coro Angelo Bonelli, leader dei Verdi e alleato della Sinistra italiana di Nicola Fratoianni. "Meloni oggi afferma cose che già conoscevamo, ma nulla dice sui suoi esponenti di punta del suo partito e sulle loro affermazioni dei giorni scorsi inaccettabili. Come ad esempio quelle di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, il quale ha fatto dei distinguo tra buoni e cattivi persino tra i partigiani, oltre a dichiarare che non c'è l'antifascismo nella nostra costituzione. Sarebbe stato bene che Meloni prendesse le distanze pubblicamente da Ignazio La Russa per chiarezza e coerenza e non sminuendo a 'sgrammaticatura istituzionale' le parole di La Russa". 

A riassumere perfettamente il (sinistro) Pd-pensiero è Beppe Sala, sindaco di Milano, che sfila in piazza insieme a Elly Schlein:  "Non voglio essere critico a ogni costo - premette - ma certe cose se si sentono bisogna dirle ad alta voce, mettendoci la faccia. La Meloni in alcune occasioni pubblicamente ha mostrato una faccia decisa, ha urlato certe parole e certi slogan e quello che dovrebbe fare è mettere la faccia e dire con chiarezza e in maniera definitiva: 'siamo antifascisti'. Però se sono così io credo sia anche inutile continuare con questo balletto. L'importante è che noi lo sentiamo e spero che Milano continui a sentire questo spirito. Andiamo avanti e per noi quella della Liberazione è una festa". Festa sì, ma forse non di tutti.

 

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