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Di Maio, da trombato a super pagato: lo stipendio choc dell'ex grillino

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 Luigi Di Maio

Maurizio Stefanini
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Dovrebbe prendere 12.000 euro al mese Luigi Di Maio per svolgere il suo nuovo incarico di inviato speciale dell’Unione Europea per il Golfo Persico, anche se la remunerazione precisa dovrà essere «determinata tramite un accordo diretto tra l’adviser e l’autorità», come ha spiegato un portavoce dell’Esecutivo comunitario. È comunque sicuro che sarebbero tassati non secondo gli standard del fisco italiano, ma con la normativa agevolata dell’Unione Europea. In più avrà immunità, rimborsi per lo staff e passaporto diplomatico.

Il tutto per 21 mesi, dal prossimo primo giugno fino al 28 febbraio 2025. In cambio dovrà lavorare nella gestione degli approvvigionamenti di gas e petrolio che provengono dalla regione, oltre ad interessarsi – ad esempio – dei rapporti con l’Iran in tumulto. L’incarico viene dall’Alto Rappresentante per la politica estera della Ue Josep Borrell che lo ha voluto fortissimamente anche contro la volontà del governo italiano, che saputa la nomina ha subito fatto le sue rimostranze. Comunque, se Borrell è il ministro degli Esteri della Ue, Di Maio a questo punto potrebbe essere equiparato a una sorta di sottosegretario con delega per una particolare area.

A differenza degli ambasciatori per l’Unione europea, che rappresentano l’Ue in un singolo Paese, i rappresentanti speciali hanno responsabilità su questioni specifiche, in genere conflitti, che interessano regioni particolari o aree sovranazionali. In effetti ne è al momento ancora in carica uno per la Bosnia-Erzegovina: il diplomatico austriaco Johann Sattler, che però è anche l’ambasciatore ufficiale della Ue a Sarajevo.

 

 

 

DOSSIER DELICATI

Main passato ce ne sono stati in quantità: per Diritti Umani a livello mondiale, Processo di Royaumont sulla Bosnia-Erzegovina, Pstto di Stabilità per l’Europa Sud-Orientale, Kosovo, Macedonia, Jugoslavia, Moldavia, Mediterraneo Meridionale, Unione Africana, Sahel, Corno d’Africa, Sudan, Regione dei Grandi Laghi Africani, Processo di Pace in Medio Oriente, Caucaso del Sud, Crisi in Georgia, Asia Centrale, Afghanistan. Per sapere un po’ più sulle sue competenze bisognerà però aspettare di vederlo all’opera. Si tratta infatti di una figura di nuova istituzione, che dovrà promuovere relazioni politiche e interessi dell’Unione europea con i paesi del Golfo arabo.

In teoria, comunque, un primo versante delicatissimo del suo lavoro dovrebbe essere quello di contribuire a consolidare pace, stabilità e Stato di diritto. Specie quest’ultimo, molto in teoria in realtà, in un’area in cui si fronteggiano monarchie assolute o semi-assolute sultaniste come Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Oman con il regime degli ayatollah iraniani e con una democrazia sull’orlo perpetuo della guerra civile come l’Iran. Il secondo versante riguarda il favorire interscambi commerciali e delicati equilibri politici. Insomma, Di Maio dovrà essere “voce” e “volto” di Bruxelles in una regione chiave in cui ci sono dossier come il Qatargate, la rivolta in Iran, la tensione tra sauditi e Qatar, e anche una tensione tra Arabia Saudita e Iran con contorno di appoggio alle fazioni che si scontrano nella guerra civile delle Yenen che sa rientrando ma perché ci ha messo lo zampino mediatorio una Cina che anch’essa è considerata sempre più un problema quando si infila di mezzo. Il fatto di essere stato ministro degli Esteri, indubbiamente, fa curriculum. Di Maio però, a parte ciò, non solo non ha studi specifici e non sa l’arabo, ma ci sono riserve anche sul suo inglese, anche se sembra che effettivamente con lo stare alla Farnesina un mini mo lo abbia migliorato.

VENDITA DI MISSILI

In più, quello del Golfo Persico è un mondo di culture ari stocratiche, formali e quasi tribali in cui decoro politico, ri spetto delle reciproche posi zioni e tradizioni e relazioni personali contano moltissimo. E Di Maio in particolare Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti li fece imbestialire quando bloccò loro la vendita di missili, per dar retta a pregiudiziali pacifiste sulla guerra del lo Yemen. Gli Emirati rispose ro addirittura chiudendo la base italiana, e per sanare la tensione ci sono volute la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel maggio scorso e quella di Giorgia Meloni poche settimane fa.

 

 

 

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