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Per combattere la Meloni si inventano anche le interviste false

Massimo Giannini

PIetro Senaldi
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Ormai per metterein difficoltà il governo vale tutto. Sabato La Stampa di Torino ha aperto il giornale con un’intervista bombastica al ministro della Difesa, Guido Crosetto. Il fondatore di Fdi ha sconfessato la linea del premier, al quale è da sempre molto vicino, dichiarando che, siccome «l’Italia non sa come spendere tutti i 200 miliardi del Pnrr, ne prenderà solo una parte». Una posizione simile a quella della Lega ma distante da quella della presidenza del Consiglio, che ha più volte ribadito di voler usare tutti i soldi a disposizione, manifestando addirittura l’intenzione di chiederne altri ancora. Anche sulla guerra Crosetto si è distinto dalla linea super atlantista del capo del governo, dichiarando che «dobbiamo garantire all’Ucraina il diritto a difendersi ma anche provare a costruire un tavolo perla pace». Stoccata anche a Ignazio La Russa: «Il 25 aprile non sarò con lui ma con il presidente della Repubblica, io viaggio solo in prima classe». Simpatico. Frattura in vista? Guai per l’esecutivo? Vendetta per chissà quali torti subiti? Per ore ci siamo chiesti cosa sarebbe seguito alle dichiarazioni del ministro. Poi è arrivata la precisazione dell’interessato: «Non ho rilasciato nessuna intervista, sono stati usati pezzi di un mio intervento pubblico, tagliando un ragionamento complesso sul Pnrr, per inventare un titolo che aprisse una polemica. Sono anche stati riportati virgolettati falsi per provocare il presidente del Senato».

 

 

 

 

 

LEZIONCINA DEM

A proposito della seconda carica dello Stato, anche questa ha avuto a che ridire con i giornali del gruppo Gedi. Venerdì scorso Repubblica riportava un dialogo nel quale si attribuiva a La Russa la considerazione che «l’antifascismo non è nella Costituzione», affermazione sulla quale ha ruotato buona parte della giornata politica, con tutta l’opposizione che chiedeva le dimissioni dell’intervistato e il segretario del Pd che gli faceva la lezioncina, sentenziando che «l’antifascismo è la Costituzione». Manco a farlo apposta, con la smentita di Crosetto è arrivata anche quella del secondo fondatore di Fratelli d’Italia, il quale ha affermato di non aver mai parlato con il cronista di Repubblica, accusandolo di aver origliato una sua chiacchierata con parlamentaristi di due agenzie di stampa ed essersi poi inventato un colloquio informale a tu per tu. «Contro di me sono state scritte falsità e offese, valuto azioni legali di tutela. Sono allibito dallo stravolgimento della verità sulle mie parole» si è lamentato La Russa.


Qui non si vogliono dare lezioni di giornalismo a nessuno, perché la vicenda è molto più grave. In un caso si è ingannato il lettore truccando da intervista botta e risposta un intervento pubblico, e ricostruendolo in modo da alterarne il messaggio politico. Nell’altro si è voluto montare uno scandalo fingendo di essere depositari di una confidenza personale. È comprensibile e legittima la critica al governo e alle istituzioni. È sacrosanto il ruolo della stampa come cane da guardia del potere. Ma qui siamo al ribaltamento dei ruoli: è il potere che deve controllare la stampa affinché questa non si inventi notizie che lo indeboliscono e mettono a rischio gli interessi dell’Italia.
Ogni giorno sui giornali legittimamente ostili al governo Meloni leggiamo commenti moralistici e dissacranti tutti mirati a dimostrare che i ministri e gli uomini del premier non sono adatti a ricoprire i loro ruoli. Sono critiche fatte piovere dall’alto e scritte con tono saccente, sprezzante, canzonatorio, umiliante, come da un professore con diciotto lauree che rampogna l’allievo discolo e deficiente. Poi scopriamo che i maestrini si comportano come impostori, tagliano, cuciono, origliano, rimescolano e rimestano.

Non credo siano questi i valori della Costituzione, compreso quello della libertà di stampa, per i quali gli italiani si sono battuti contro il fascismo, dalla cui liberazione martedì cade la ricorrenza. Noi di Libero per dodici anni abbiamo fatto parte della cosiddetta stampa d’opposizione, per di più a governi che avevano piena legittimità costituzionale ma scarsa legittimità popolare. Siamo stati criticati per i nostri modi, rampognati, dileggiati, additati come cattivo esempio, sanzionati dal nobile Ordine del Giornalisti. Ma mai abbiamo messo in bocca a un ministro o a un’istituzione una frase che non aveva detto, per di più spacciandola come colloquio o intervista esclusiva alla nostra testata. Questa pratica oggi in voga rivela nei suoi utilizzatori un disprezzo per le istituzioni e gli uomini chiamati a rappresentarli. Chi altera il pensiero di un ministro per un interesse di bottega, sfregiala democrazia e i valori della Costituzione, umilia la libertà di stampa e scredita la nostra professione. Evidentemente per certuni cariche e ruoli istituzionali vanno tutelati solo quando sono ricoperti da amici e compagni d’avventura, ma non quando il voto popolare li affida a rivali politici. Andare avanti di questo passo significa aprire le porte all’inciviltà, precipitare il Paese nel baratro della barbarie. Mi chiedo a che scopo, con che coraggio e se ne valga la pena. Buon 25 aprile e viva la Costituzione, antifascista e anti-cazzara

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