Rogo di Primavalle, il brigatista non si pente: "Fu una svista..."
Se non è una manifestazione d’odio e un atto criminale appiccare il fuoco in piena notte ad una palazzina popolare ove vive un netturbino con la moglie e i sei figli, cosa mai potrà esserlo? Eppure per l’ex brigatista Francesco Piccioni si trattò di un’azione «poco più che dimostrativa», un «incidente». E pazienza se ci scapparono due morti, giovanissime vite spezzate in una spedizione del tutto simile a quelle organizzate dal fascismo storico negli anni successivi al primo conflitto mondiale. D’altronde, che i comunisti, quali erano e orgogliosamente si definivano quelli di Potere Operaio, e i fascisti nascessero da uno stesso milieu culturale ce lo ha insegnato la migliore storiografia degli ultimi anni. Come si spiega allora che ancora oggi c’è chi quasi giustifica un episodio così barbarico come fu quello di Primavalle, compiuto in un periodo di pace e democrazia, quando il fascismo e il comunismo storici avrebbero dovuto essere belli e sepolti? Il problema credo sia soprattutto culturale. L’errore è consistito nel voler far credere che lo squadrismo e la violenza siano stati da una sola parte.
Una parte non irrilevante della classe politica e intellettuale di sinistra non è mai uscita infatti da quella “militarizzazione delle coscienze” che ha finito per protrarre la “guerra civile” fra gli italiani oltre illecito. Da qui la vasta zona grigia, soprattutto intellettuale, che, proprio perché riconosceva in terroristi ed estremisti un’aria o “album” di famiglia (come ebbe a dire Rossana Rossanda), coperse, giustificò, omise le responsabilità dei terroristi rossi e in genere degli estremisti politici di sinistra. Sono i «cattivi maestri» di cui ha parlato Giorgia Meloni nella commemorazione delle vittime di Primavalle, Virgilio e Stefano Mattei (rispettivamente 22 e 8 anni).
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Da qui anche l’incapacità di scusarsi per il proprio passato che è propria non solo degli esecutori e dei fiancheggiatori di certi misfatti ma anche di chi oggi ricopre ruoli pubblici importanti e non avrebbe nulla da perdere da una seria e reale autocritica. Il premier ha parlato al passato perché è indubbio che oggi quel tipo di violenza fisica non ci sia più. Ne restano però strascichi mentali e culturali, appunto. Si pensi alla continua delegittimazione morale degli avversari politici da parte di certa sinistra. O a certa retorica antifascista che sta all’antifascismo vero, cioè alla mentalità liberale, come i cavolfiori stanno a merenda.