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Matteo Salvini, in mostra a spese nostre la tela oscena contro il leghista

Luca Beatrice
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Il primo errore è chiamarla “opera d’arte” perché non lo è. Piuttosto un’illustrazione modesta come in genere nel repertorio di Luis Quiles, quarantacinquenne grafico spagnolo che non brilla né per stile né per argomenti. Un suo “elaborato” è in questi giorni al centro delle polemiche al Torino Comics, edizione numero 27 della mostra mercato sul fumetto allestita al Lingotto fino a stasera, in una “speciale” sezione intitolata “zona rossa” dove il sesso esplicito abbonda senza peraltro l’avviso del divieto ai minori. All’interno di un rettangolo rosso Matteo Salvini, con il braccio alzato tipo saluto romano e fascia dell’unione europea dall’altra parte, riceve in faccia un getto di sperma da un membro di un uomo di colore.

Immagine di rara bruttezza, disegnata male, persino al primo annodi una scuola di grafica e illustrazione c’è chi lavora meglio. In casi del genere la cosa migliore sarebbe far finta di niente, tanto fa schifo ciò che viene proposto da organizzatori (privati) evidentemente alla ricerca di facile pubblicità. Luis Quiles, che si fa chiamare anche Gunsmithcat, è al centro di questa sezione sul fumetto hard core, dove non mancano i dibattiti sui temi caldi della sessualità in ogni variante possibile che fanno sempre una buona audience pruriginosa. Allo spagnolo non basta disegnare giovani fanciulle in fiore in atteggiamento zoccolesco, per alzare il livello dello scontro c’è bisogno della politica e ovviamente il facile bersaglio è sempre a destra.

GIOCHI LESBO
Non riesco infatti a immaginare altrettanto cattivo gusto nei confronti di Elly Schlein che nessuno si sognerebbe di raffigurare in qualche giochino lesbo, o di esponenti di precedenti governi che bene o male si dovettero misurare con la questione immigrazione. Il segretario della Lega continua a essere un facile bersaglio degli “umoristi” nonostante in questo momento il suo incarico non preveda un impegno diretto sui migranti.

Probabile che il capolavoro di Quiles sia vecchio, neppure la cronaca assiste la greve mano segaiola del disegnatore ispanico. Avrà aperto un cassetto e tirato fuori un’improbabile e volgarissima vignetta invero piuttosto datata. Qualcuno, tra gli organizzatori o se previsto un curatore della “zona rossa” avrebbe dovuto accorgersene, avvisare il geniale illustratore e consigliargli di lasciar perdere. Nessuno qui è contro la satira, ci mancherebbe, non siamo certo tra quelle “culture” che uccidono per una vignetta. Però Torino Comics riesce a ottenere i più importanti patrocini istituzionali: Regione Piemonte, Città di Torino, Camera di Commercio, Commissione Europea. Da parte del Comune nessuna presa di posizione ufficiale nei confronti di questa volgarità gratuita. A parlare è Fabrizio Ricca, assessore leghista in Regione, molto disturbato dall’accaduto.

Non ne chiede la rimozione ma pretende le scuse ufficiali degli organizzatori, altrimenti sarà a rischio il patrocinio per le prossime edizioni. Che però tardano ad arrivare, anzi si trincerano dietro frasi di prammatica del tipo la manifestazione “è da sempre una manifestazione apolitica, apartitica e sostiene l’arte in ogni sua forma, valorizzando la libertà di espressione”.

 

IL LIMITE
Ecco, proprio su questioni del genere sarebbe importante chiarire. Libertà di espressione non significa vomitare schifezze sugli altri, esporre al pubblico prodotti osceni e volgarità gratuite. Ribadendo che il fumetto non è esattamente arte ma comunicazione più ampia per cui non possiamo aspettarci solo opere di qualità ma anche vignette di satira piuttosto generica, c’è un limite di decenza che andrebbe comunque rispettato. Più volte bersaglio di illustratori, Salvini non se l’è presa neanche troppo, glissa sull’accaduto parlando di schifezza. Ha ragione, inutile farne un caso più di tanto, non sarà certo l’ultima volta che un esponente di centro destra verrà preso di mira dal qualunquismo di certa pubblicistica impegnata dell’estrema sinistra. Non riuscendo a immaginare uno stesso trattamento per Renzi, Conte, Calenda e tantomeno Schlein, ci accontenteremmo che certa satira fosse un’espressione privata e non inscenata sotto il comodo ombrello protettivo delle istituzioni. Che o non vedono osi disinteressano e così bene non va.

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