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Lucia Borgonzoni: "Difenderemo libri e arte dal politicamente corretto"

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Pietro De Leo
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Una serie di strumenti per valorizzare le imprese culturali e creative, che rappresentano un pilastro dell’eccellenza italiana. E anche per “proteggere” le opere dal vento della cancel culture. Sono, questi, gli obiettivi del pacchetto di norme cui sta lavorando Lucia Borgonzoni, Sottosegretaria alla Cultura e Senatrice della Lega. Queste norme convoglieranno nel disegno di legge sul Made in Italy che il governo ha in gestazione. In un colloquio con Libero, Borgonzoni spiega finalità e contenuti degli interventi su cui si sta concentrando.

Imprese culturali e artistiche. Quali sono?
«Quelle che si occupano di musica, spettacolo dal vivo, arte, design, moda, audiovisivo. Ma anche artigianato artistico, videogiochi, biblioteche. La tipologia è molto ampia, si tratta di imprese che “fanno cultura”, promuovono i territori ed il Paese. Ma purtroppo hanno avuto dei contraccolpi molto pesanti dai contesti straordinari che si sono verificati negli ultimi anni. Prima il Covid, poi il caro-energia e l’inflazione».

Come pensate di intervenire?
«Vogliamo attivare per tutte loro, come già è stato fatto nello specifico per l’audiovisivo, di un tax credit al 30%. Per dare ossigeno, possibilità di competere e andare avanti. Accanto a questo, vogliamo attribuire anche un marchio di riconoscimento».

Un marchio di qualità che certifichi l’italianità di un prodotto?
«Esattamente. Un marchio di qualità ad indicare che un prodotto è veramente italiano. Questo significa non soltanto “fatto in Italia”, ma che segue un procedimento ben preciso basato su una tradizione, con una “filiera” totalmente italiana. Ciò può essere applicato nelle varie fasi di creazione, per esempio sui bozzetti. L’obiettivo è creare un registro delle produzioni».

Quale sarebbe l’effetto di questo marchio? Potrebbe essere uno strumento utile anche a tutelare le produzioni dalle contraffazioni?
«Certamente. Ma noi pensiamo anche a proteggere certe realtà di fronte al rischio che dall’estero possano venire a “banchettare” sulle nostre aziende».

In che modo si eserciterebbe questa protezione?
«Se l’azienda che fa determinate produzioni, ed è presente nel registro, viene messa in vendita, noi possiamo esercitare anche delle prelazioni di Stato. Faccio un esempio: l’azienda che lavora il vetro di Murano vende? Lo Stato può rivendicare una prelazione per proteggere l’italianità di ciò che produce».


Dunque, una serie di norme a tutela della specificità di queste aziende.
«Sì, ed è per questo che stiamo lavorando anche su un altro strumento, ossia l’aggregazione di impresa. Cercando di facilitare ed agevolare questa formula. Il primo modello che vorremmo far partire è quello dell’audiovisivo. Di aziende italiane appartenenti a questo comparto ne sono rimaste poche, noi dobbiamo e vogliamo salvarle. Possiamo raggiungere questo obiettivo utilizzando Cdp, o una partecipata di Cdp, affinché più aziende piccole si aggreghino tutte insieme in una holding, tenendo una percentuale di partecipazione propria, e magari diventino a loro volta un aggregatore. Ovviamente mantenendo la propria autonomia artistica, che è la cosa fondamentale. Anche in questo caso, proteggiamo l’italianità della cultura».

Lei ha descritto un’attività normativa molto incentrata sulla tutela dell’attività dei prodotti culturali. Però, se ci concentriamo sulle opere, molte di esse subiscono anche “assalti” alla loro autenticità, con delle vere e proprie riscritture secondo i dogmi politicamente corretti. In questa direzione è possibile intervenire in qualche modo?
«Sì, e lo faremo in questa occasione. Tra le proposte abbiamo previsto che all’interno delle biblioteche e nelle cineteche di Stato rimanga sempre fruibile la versione originale di un’opera. Così come all’interno dei musei nessuna opera possa più essere occultata perché ritenuta “non adatta”. Ci impegniamo affinché non si verifichino cancellazioni di libri, pellicole, opere d’arte. Nulla si deve eliminare, penso nello specifico ai libri o ai film, per sostituirlo con versioni riadattate a certi nuovi linguaggi. Occorre rendere fruibili e disponibili tutte le opere, magari spiegando il contesto in cui furono create. Nella normativa, così come ci occupiamo di memoria, pensiamo anche alle sfide future».

A cosa si riferisce?
«All’intelligenza artificiale, che va normata perché crea questioni importanti sul diritto d’autore».

Esempio pratico?
«Se l’Ai prende quattro libri e ne crea un quinto, i diritti agli autori vanno corrisposti. È un’altra grande sfida che abbiamo davanti».

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