Russia-Ucraina, "no" alle armi a Kiev? Chi sono i "pacifessi" un po' filo-Putin
Strano il rapporto del pacifista con le armi. Diciamo che la misura in cui ne deplora l’invio e l’utilizzo dipende dall’identità di che le invia e le utilizza, e dal motivo per cui chi le riceve ne fa uso. Prendile armi che sono inviate dalle democrazie occidentali all’Ucraina, e da questa usate per difendersi dall’aggressione russa. Armi oscene. Armi cui opporre l’invocazione del dovere morale della resa degli aggrediti, e la lotta per il trionfo della pace da ottenere non con la cessazione dell’aggressione ma, appunto, con il disarmo di chi la subisce. Diverso è l’approccio pacifista quando le armi sono inviate dalle teocrazie e dalle dittature alla Russia, e da questa usate per massacrare i civili ucraini. In questo caso il pacifista si fa per così dire soprappensiero.
Ci sarà sicuramente un motivo profondo per cui il drone persiano e il missile nordcoreano che fanno strage in Ucraina sono assolti dalle imputazioni pacifiste invece rivolte ai sistemi adoperati per neutralizzarli.
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Resta che quei dispositivi mortiferi sfuggono alle attenzioni delle militanze per la pace, il cui orrore per le armi inopinatamente si fa recessivo se a farne invio è un regime dispotico e se a farne uso è chi è costretto a subire la reazione dei guerrafondai, tra i quali gli sconsiderati che si arruolano per difendere i covi nazisti camuffati da asili e da ospedali. Ma probabilmente l’impostazione pacifista è di tipo realistico -utilitario. Poiché non si può avere tutto subito, cominciamo almeno da qualche parte: intanto diciamo no alle armi per difendere l’Ucraina, che metà del lavoro sul cammino della pace è fatto. Il resto lo fa la Russia, con le armi che ha ricevuto dai tagliagole mentre il pacifista guardava altrove.
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