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Schlein, "piena di mostri": che cosa è diventato il Pd

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Fausto Carioti
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Una «squadra di grande qualità» che sarà «un problema per il governo di Giorgia Meloni», dice Elly Schlein. Quando escono i ventuno nomi della sua nuova segreteria, però, gli unici a preoccuparsi sono i centristi e i “liberal” del Pd (specie in via d’estinzione, ma qualche esemplare ancora si conta). A microfoni spenti, nell’ala moderata del partito, dove pure non si aspettavano nulla di buono, i commenti sono del tipo: «Sembra la giunta del Leoncavallo». In pubblico, i pochi che parlano lo dicono tra le righe. Piero Fassino, che alle primarie si era schierato con Stefano Bonaccini, esprime «perplessità sul profilo che è venuta assumendo la nuova segreteria». Fa sapere che la sua area è pronta a fare una «apertura di credito» verso la Schlein, purché costei dimostri di «voler dirigere con spirito aperto e unitario». Andrea Marcucci, che ha ormai un piede e mezzo fuori dal Pd, dice che «il profilo scelto dalla segretaria assomiglia molto a quello di Jeremy Corbyn», il leader inglese filo-marxista accusato (con buone ragioni) di anti-semitismo. Ad imputare alla Schlein un eccesso di bulimia ci sono anche Gianni Cuperlo, che moderato non è, e Paola De Micheli, che l’avevano sfidata alle primarie. Tutti promettono di lavorare per il Pd, a patto che sia un partito «plurale» e non divenga la lista personale della Schlein.

ELLY & FRIENDS
Perché il quadro che esce dalle nomine di ieri è proprio questo: il circolo di Elly e dei suoi amici, molti dei quali provenienti dai movimenti o dalle sigle a sinistra del Pd (come la stessa Schlein, del resto). Viene dalla redazione di Michele Santoro, passando per il gruppo al Senato di Leu, il giornalista napoletano Sandro Ruotolo, che si occuperà di “Informazione, culture e memoria”. Da Articolo 1 giungono Alfredo D’Attorre, responsabile del settore Università, e Maria Cecilia Guerra, politicamente vicina a Vincenzo Visco, alla quale è stata affidata la delega alle Politiche per il lavoro. Quando era sottosegretaria del governo Draghi, la Guerra s’intestò la battaglia perla revisione del catasto, che, se avesse vinto, avrebbe portato all’aumento Da ministro del governo Conte 2, Provenzano era passato alla storia per la gaffe sul manifesto che promuoveva un’iniziativa per il Sud: l’immagine scelta rappresentava il castello di Trieste, non uno scorcio del Mezzogiorno delle imposte a carico dei proprietari di casa.

Per la Green economy la segretaria del Pd ha scelto la militante ecologista Annalisa Corrado, che nel 2019 era stata candidata alle Europee per i Verdi e cita tra i propri modelli la statunitense Alexandria Ocasio. Era il primo firmatario del noto disegno di legge contro l’omotransfobia. Il provvedimento si è bloccato in Senato il 27 ottobre 2021 anche per le divisioni della sinistra Cortez e la svedese Greta Thunberg. Assieme al suo movimento, Green Italia, si è battuta contro l’inceneritore voluto dal sindaco Roberto Gualtieri: non un buon segnale per il primo cittadino romano. Ha una lunga militanza fuori dal Pd anche Marco Furfaro, nominato responsabile per “Iniziative politiche, welfare e contrasto alle diseguaglianze”. Nel 2009 era stato tra i fondatori di Sinistra e Libertà, il partito di Nichi Vendola, nel 2014 si era candidato (invano) alle Europee nella Lista Tsipras e solo nel 2019 ha preso la tessera del Pd.

Dalla izquierda del partito democratico, stavolta milanese, proviene invece Pierfrancesco Majorino, asfaltato alle regionali lombarde, dove pur avendo l’appoggio del M5S non è andato oltre il 33%. In precedenza, come assessore alle Politiche sociali del sindaco Giuliano Pisapia, aveva spalancato le porte di Milano all’immigrazione: un modello che la Schlein vuole replicare a livello nazionale, tanto da affidargli le “Politiche migratorie” e il “Diritto alla casa”. Scontato il nome del responsabile peri “Diritti”, che nel vocabolario della Schlein sta per rivendicazioni Lgbt+: è Alessandro Zan, il padre della legge mai nata. «Abbiamo bisogno di tutto il suo impegno per respingere i passi indietro che Meloni vorrebbe fare», spiega la segretaria.

Dall’area di Andrea Orlando, ossia dalla corrente di sinistra che fa capo all’ex ministro della Giustizia, la Schlein ha preso Giuseppe Provenzano, per farne il “ministro degli Esteri” del partito: era l’anima estremista del Pd di Enrico Letta. Assieme ai movimenti e agli ultimi arrivati di Articolo 1, la corrente di Orlando è una delle più premiate, per numero e qualità dei posti. Da lì viene anche il napoletano Marco Sarracino, uno degli “under 35” candidati da Letta: scelta che fece discutere, visto che sulla pagina Instagram del ragazzo abbondavano gli omaggi a Lenin, alla rivoluzione d’ottobre, a “Che” Guevara e all’intifada palestinese. Tutti titoli di merito per la Schlein, che gli ha affidato il Sud e la coesione territoriale. “Orlandiano” è anche Antonio Misiani, responsabile per l’Economia. Dalla militanza nei movimenti femministi e dalla emittente rossa “Radio Popolare Roma” viene Marta Bonafoni, consigliera regionale nel Lazio e iscritta al Pd da pochi giorni: è la fidatissima cui la Schlein affida il coordinamento della segreteria e il compito di seguire il terzo settore e l’associazionismo. Tra i pochi “bonacciniani” salvati c’è Debora Serracchiani, che si occuperà della Giustizia: il suo mandato è quello di dire «no» ad ogni proposta di Carlo Nordio.

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