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Rachele Silvestri? Corna e tresche: tutte le malelingue della politica

Francesco Specchia
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«Lo sai cosa fa? Lo sai con chi va? E con chi si vede?/Il pomeriggio dopo palestra, verso le sei/ Lei sale da lui all’ultimo piano, lei va da quell’uomo/ Ha un uomo maturo, si dice sposato, tanto più grande di lei». Quando, nel 1994, l’urticante talento di Ivan Graziani cantava Maledette malelingue – l’inesorabile condanna del pettegolezzo Rachele Silvestri aveva dodici anni. Oggi ne ha trentasei male malelingue continuano ad annichilire mondi, affetti, dignità. Oggi, la deputata Silvestri passata dal Movimento Cinque Stelle a Fratelli d’Italia, trafitta dal pettegolezzo, è stata costretta, attraverso una lettera aperta sul Corrierone contro le cattive coscienze della politica, a rivelare di aver fatto il test del dna al figlioletto di tre mesi. Questo perché travolta –lei e il compagno- dalla calunnia che ne attribuiva la maternità ad una presunta liaison con potente ministro di Fratelli d’Italia. Ovviamente, era una balla clamorosa.

 


LA CALUNNIA È TEMPESTA
Ma la deputata, a cui va la piena solidarietà anche dei colleghi che l’hanno strapazzata, si è chiesta: in quanti modi il corpo di una donna può essere violato, calpestato, abusato? «Quante volte il dono della procreazione può essere strumentalizzato e degradato? In nome di cosa è giustificabile la violenza su un bambino appena nato?». Quesiti feroci. Contestualmente, è arrivato come un tuono nella quiete familiare e protetta di Elly Schlein, anche lo scoop di Diva e donna in cui si disvelano fattezze, nome e privacy di Paola Belloni, compagna della segretaria del Pd. Una ragazza, a quel punto, costretta dall’evidenza giornalistica a fare outing (non coming out, che è una scelta volontaria) sulla propria sessualità. Era un po’ di tempo che non si verificavano pesanti irruzioni della vita privata dei protagonisti della politica nella vita pubblica come queste. La calunnia in politica non è un venticello, è crudeltà e tempesta.

 

 


La società di sondaggi Youtrend, una decina di anni fa, inaugurò perfino un «osservatorio del gossip politico sull’onda lunga berlusconiana»; anche se, in effetti, Silvio, a quei tempi, non solo creava simulacri di gossip extraparlamentare, ma addirittura quasi se ne compiaceva. E spesso li alimentava, sulla base di quella “funzione sociale del pettegolezzo” che permette di confrontare sé stessi e il proprio valore con la realtà, sulla base della teoria di Leon Festinger il grande psicologo esperto di dissonanza cognitiva. Anche se credo che Berlusconi ascoltasse più Alfonso Signorini che Festinger. Comunque sia, il caso Minetti o le “cene eleganti” -se si esclude la rilevante parte giudiziaria non incisero minimamente sul fascino pop del Berlusca. Il quale, anzi, ne uscì col machismo fortificato. Ma era Berlusconi. Per gli altri è diverso. Il gossip, per fare male, segue regole semplici: deve riguardare una terza persona assente nel momento in cui se ne parla; la persona di cui parla dev’essere conosciuta anche indirettamente dai pettegoli;devono essere espressi giudizi valutativi anche con linguaggio del corpo. L’ultimo oggetto di uno stillicidio al limiti dello stalkeraggio è stato il deputato di Azione Matteo Richetti accusato di molestie sessuali ai danni d’una acclarata mitomane che lo conosceva appena.


E l’ombra del gossip si è allungata spesso e volentieri sulle donne. Donne spesso belle e in carriera. Il pettegolezzo Fini-Prestigiacomo consumato negli anfratti di una caffetteria romana contribuì alla scissione di An. Quello tra la Carfagna e lo stesso Berlusconi fece scattare l’orgoglio della ministra contro la Costamagna in un’indimenticata intervista Rai (in cui Mara reagì evocando un gossip altrettanto potente che aleggiava su Luisella e Santoro). Il connubio Renzi-Boschi allo zenith del potere era visto come qualcosa di più di un’osmosi politica.

Un presunto incontro clandestino omosex con calciatori, in uno yacht in mezzo al mare, nutrì le dicerie sulla vita convulsa di un ex notabile Dc. Cosa che, decenni prima, avvenne con un Presidente del Consiglio vistosi sessualmente rappresentato in un film del ‘73, Nonostante le apparenze e purché la nazione non lo sappia... All’onorevole piacciono le donne (ma in realtà erano uomini). La pellicola, con Lando Buzzanca, costò l’ostracismo al regista Lucio Fulci.


LA DENUNCIA FINALE
Per dire. I palazzi del potere sono innalzati per definizione dall’arte del dubbio insinuato e cementati attraverso la malalingua divenuta, in chiave amorosa, arma politica. Eppure, un limite invalicabile resta. Rachele Silvestri cita il Nobel Elie Wiesel nella necessità di denunciare la cattiveria del gossip e si augura che «nessuno sia indulgente con l’autore della calunnia e con chi contribuisce a diffonderla: non siate neutri, abbiate il coraggio di spezzare la catena dell’indifferenza». E lei, coraggiosamente, ha denunciato. È un inizio doloroso, ma è un inizio... 

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