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Mattarella, la smentita a Stampa e Repubblica? Cosa c'è dietro davvero

Fausto Carioti
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"Il presidente non è mai stato tirato per la giacca come in questi giorni". L'umore sul colle più alto è questo e "il presidente è ovviamente Sergio Mattarella. Irritazione fortissima, insomma. Che l’ironia feroce con cui è stata scritta la nota ufficiale uscita in mattinata dalla presidenza della repubblica non nasconde, anzi: «Al Quirinale si registra un divertito stupore per una ricostruzione decisamente fantasiosa fatta da diversi quotidiani sugli incontri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni scorsi. Non è vero che il Presidente Mattarella abbia parlato con Mario Draghi di Pnrr, né che lo abbia incontrato ventiquattr’ore prima della colazione con il presidente del Consiglio né tantomeno in giorni realmente precedenti. Né che vi sia stato, nello stesso arco di tempo, un analogo incontro con il Commissario Ue Paolo Gentiloni». Una smentita drastica, condita da quelle due parole beffarde, «divertito stupore», che rappresentano un inedito nelle note del Colle. Il riferimento è a ciò che hanno scritto negli ultimi giorni, e soprattutto ieri, La Repubblica di Maurizio Molinari e La Stampa di Massimo Giannini, impegnate a dipingere una Giorgia Meloni e un governo messi così male col Pnrr da essere a un passo dal commissariamento da parte di Mattarella.

 


IL PRANZO INVENTATO - Ambedue scrivono che il capo dello Stato e Draghi si sono incontrati «tra mercoledì e giovedì scorso», ossia il 29 o il 30 marzo. «Per una colazione durata più del previsto», riferisce La Stampa. Più o meno contemporaneamente, «sarebbe salito al Quirinale» anche Gentiloni. «In meno di 72 ore», racconta quindi il quotidiano piemontese, la Meloni e il suo predecessore sono stati ricevuti dal capo dello Stato. Prima di andare da lui, la premier avrebbe cercato Draghi al telefono, «per giustificarsi» del fatto che alcuni ministri hanno attribuito all’esecutivo precedente le colpe dei ritardi sul Pnrr, «ma anche per confessare il suo disagio di fronte al puntiglio europeo» e avere un qualche aiuto dall’ex capo della Bce. Ultimo capitolo di una narrazione ansiogena le cui puntate precedenti hanno titoli come «Pnrr, l’allarme del Quirinale per la “resa” del governo» (La Repubblica del 1 aprile) e «I timori di Mattarella» (La Stampa dello stesso giorno).

 

 

IL PRANZO - In tutto questo c’è una sola cosa vera, peraltro di dominio pubblico: la Meloni, venerdì, ha pranzato al Quirinale. Il resto è frutto della fantasia. Anche i collaboratori di Draghi ci tengono a prendere le distanze da ciò che Repubblica e Stampa hanno scritto. Calendario in mano, raccontano che l’ex presidente della Bce è andato a trovare Mattarella il 20 marzo, ossia dieci giorni prima di quanto scritto dai due quotidiani, e che non c’è stato nessun pranzo, ma solo una «visita di cortesia» chiesta da Draghi, che non incontrava da tempo il capo dello Stato. La data è cruciale, spiegano, perché da sola smonta le ricostruzioni di chi si è inventato l’esistenza di un nesso tra quel colloquio e il pranzo di venerdì tra Mattarella e Meloni. Peraltro, durante il faccia a faccia tra Draghi e Mattarella l’argomento Pnrr nemmeno è stato toccato. La data, e il resto del racconto, coincidono alla perfezione con ciò che viene detto al Quirinale. Non basta. È falso pure, assicura chi ha parlato con l’ex governatore, che la Meloni lo abbia cercato al telefono. Così come è falso, spiegano al Colle, che Mattarella abbia voluto pranzare con la premier per contestare il suo operato; quell’invito, semmai, tornava utile per smentire le testate che gli avevano attribuito intenzioni ostili nei confronti del governo. È falso, infine, che il presidente della repubblica abbia discusso con Gentiloni la scorsa settimana: l’ultimo colloquio tra lui e il commissario Ue risale addirittura al 10 marzo.

 

 


 

LA GIACCA DI MATTARELLA - E così torniamo alla giacca di Mattarella, ormai stropicciatissima. Perché quello di ieri è solo l’ultimo episodio. C’è un copione che si ripete ogni volta in cui il governo vara un decreto, ed è lo spuntare di retroscena che dipingono un capo dello Stato intenzionato a non firmare il provvedimento: invenzioni, fatte nella speranza di condizionare le sue scelte. L’ultima ha riguardato il disegno di legge delega per la riforma fiscale, che Mattarella ha firmato il 23 marzo. Come ha fatto in questi anni con ogni provvedimento, esclusa una legge del 2017 sulle bombe a grappolo. Nessuna reazione da palazzo Chigi, dove comunque uno scivolone simile se lo aspettavano da tempo. Almeno da quando La Stampa aveva pubblicato la notizia, falsa anch’essa, in cui si attribuiva al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari l’intenzione di avviare lezioni di tiro a segno con le armi da fuoco nelle scuole. «E ora», è l’unico commento che filtra, «col fantomatico incontro fra Draghi e Mattarella, l’escalation delle fake news del gruppo Gedi ha raggiunto il punto più alto». 

 

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