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Codice appalti, Salvini sotto attacco? Il precedente-Draghi

Mario Draghi

Sandro Iacometti
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Fino a pochi giorni fa l’eccesso di burocrazia era considerato uno dei peggiori mali italiani, malattia cronica del Paese, pantano dentro il quale tutto si incaglia e si ingarbuglia. Ebbene, contrordine compagni. Ora è diventato l’argine a ruberie e infiltrazioni mafiose, garanzia di qualità e corretto operato, sinonimo di buona gestione della cosa pubblica. Cos’è successo nel frattempo? È stato approvato il nuovo codice degli appalti con il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha deciso di dare un taglio netto alle lungaggini delle procedure, alla complicazione degli iter autorizzativi, alle inefficienze della pubblica amministrazione. Perno centrale del nuovo corso, l’allargamento della possibilità di procedere ad affidamenti diretti nell’assegnazione dei lavori di un’opera e addirittura il divieto di fare gare quando gli interventi sono di minore entità (sotto i 150mila euro).

 

 

 

Apriti cielo. Senza gare sarà il far west, ha esordito il presidente dell’Autorità anticorruzione Giuseppe Busia, spiegando che in questo modo si aprirà la strada ai favori ad amici e parenti, al voto di scambio, alla corruzione e persino alla presenza diffusa della criminalità organizzata. A ruota hanno seguito tutti gli altri. L’ultimo in ordine di tempo l’ex procuratore nazionale Antimafia ed ora deputato dei Cinquestelle Federico Cafiero De Raho, che in un’intervista al Fatto ha detto senza mezzi termini che in questo modo «l’illegalità diventa legge», perché il nuovo codice «spiana la strada alle mafie». Ma è davvero così terribile e pericolosa questa normativa, fra l’altro scaturita nel suo impianto principale da un lavoro effettuato dal Consiglio di Stato? Per capire bene da dove nasce questa bizzarra iniziativa di Salvini bisogna sapere che il codice ricalca in maniera abbastanza fedele il dl semplificazioni varato sotto il Conte II e quello bis varato dal governo Draghi per velocizzare le opere del Pnrr.

 

 

 

Ma a differenza di quello che si potrebbe pensare, nel tentativo di rendere strutturali una serie di norme pensate per velocizzare l’apertura dei cantieri e la realizzazione delle opere l’esecutivo ha voluto sancito una discontinuità con la fase emergenziale, introducendo una serie di vincoli e paletti che possono anche provocare qualche rallentamento in più ma che, in un regime ordinario, devono garantire la correttezza, la qualità e la legalità delle assegnazioni. Motivo per cui il nuovo codice, che entrerà in vigore il primo luglio, non sarà applicato alle opere del Pnrr, proprio per garantire loro una corsia preferenziale ed evitare che il Recovery subisca battute d’arresto. La domanda è: avete mai sentito esperti di corruzione, magistrati e politici stracciarsi le vesti sul pericolo di infiltrazioni mafiose nel Pnrr? No, perché se la legge firmata da Salvini spiana la strada ai criminali, allora i decreti firmati da Conte e da Draghi consegnano direttamente alla mafia i 200 miliardi del Recovery. Con buona pace di chi, oggi, ha scoperto le salvifiche virtù della burocrazia.

 

 

 

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