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De Benedetti insulta Meloni (con Schlein al fianco): "Dimostra demenza"

Fausto Carioti
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Più che il festival del Domani è stata la festa del rantolo. Due signori con la cittadinanza svizzera (uno, ricchissimo, si divide tra Sankt Moritz e Montecarlo e paga le tasse nel cantone dei Grigioni) sono apparsi su un palco per discutere del tema “Una nuova sinistra è possibile”, parlare di precarietà sociale e invitare il popolo a scendere in piazza. Lui si chiama Carlo De Benedetti, ha 89 anni e vive una vecchiaia rancorosa e ossessionata. Ce l’ha con gli italiani, non capisce perché si ostinino a votare a destra quando a sinistra c’è gente come lui e ritiene «incomprensibile» e «irrazionale» il clima di pace sociale che sta vivendo il Paese. Ovviamente ce l’ha anche con la destra e con Giorgia Meloni, che stavolta accusa di «demenza», oltre che di incompetenza, inciviltà, ignoranza, inquinamento del pianeta e dunque sterminio dell’umanità, eccetera. Tra un’invettiva e un insulto dispensa lezioni di politica industriale, sorvolando con benevolenza sui propri fallimenti imprenditoriali, l’ultimo dei quali fu Sorgenia.

«RADICALITÀ»
Lei è Elly Schlein, la sua nuova protetta, una leader del Pd che la pensa proprio come lui e ripete che le lotte sociali e la lotta ai combustibili fossili sono la stessa cosa (chissà cosa ne pensano gli operai che fabbricano automobili con motore endotermico o quelli che lavorano nei piastrellifici di Sassuolo e nelle altre industrie energivore). Hanno anche la stessa parola d’ordine, «radicalità», che detta da lei fa pensare al partito radicale di massa in cui sta trasformando il Pd e detta da lui fa semplicemente ridere. Vista la Spoon River di leader della sinistra scomparsi anzitempo dopo aver ricevuto da De Benedetti il bacio della morte, lei qualche preoccupazione dovrebbe averla.

 

Per completare il quadro: tutto questo è accaduto a Modena, dove il candidato della sinistra (sempre a proposito di coerenza nella lotta di popolo) era Aboubakar Soumahoro, amico della Schlein, eletto deputato con il 42% dei voti, e a fare le domande ai due sul palco c’era una giornalista del Domani, la quale ha esordito dicendo «De Benedetti è il mio editore, quindi sarò particolarmente gentile», e ha proseguito promettendo alla Schlein che sarebbe riuscita «a darle del “lei” sino alla fine dell’intervista». Insomma, un salottino di amici riuniti per far sapere che lui e il suo giornale stanno con lei e per parlare male di chi ha vinto le elezioni. Col finanziere naturalizzato svizzero nelle parti del carciofino sott’odio, a confermare che non bastano i soldi per avere la felicità.

«Giorgia Meloni dimostra demenza, è una figurina», dice riferendosi a quando la premier, dopo l’ultimo consiglio europeo, si è dichiarata soddisfatta dei risultati «pur non avendo ottenuto nulla» sul fronte dell’immigrazione (avesse ottenuto tutto, l’avrebbe accusata di stragismo). Denota «demenza», insiste, anche pensare che l’Italia possa diventare l’hub del Mediterrano per il gas, giacché l’ex patron della Olivetti on manda giù la collaborazione tra la presidente del consiglio e l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi. E siccome ogni forma di consenso alla Meloni lo fa schiumare, chiama «baracconata organizzata» l’apparizione sull’F35 dell’aeronautica militare davanti ai bambini. Per questo, prega la sua pupilla: «Ci liberi al più presto di questa massa di incompetenti».

 

LA BARCACCIA E LA LUNA
Vada sé che la Schlein sottoscrive tutto, iniziando dal fatto che «il governo ascolta molto di più i potenti interessi dell’industria fossile» anziché i discepoli di Greta Thunberg. Tipo quelli che ieri, a Roma, hanno sporcato di nero la fontana della Barcaccia del Bernini. La segretaria del Pd strizza l’occhio pure a loro, come ha già fatto con chi ha imbrattato i muri di Palazzo Vecchio a Firenze: «Non sono metodi che condivido, però le mobilitazioni che abbiamo visto in questi anni indicano una luna che dobbiamo guardare. Le nuove generazioni sono arrabbiate, c’è frustrazione per la mancanza di risposte da parte della politica». Colpa del governo, insomma, che anziché dare retta agli ecotalebani insiste a costruire gasdotti con l’Eni. Tutti e due aspettano con ansia le manifestazioni antifasciste. «Sarà un 25 aprile di popolo», dice De Benedetti, che tanto il popolo sudato e i cortei urlanti li vedrà dal salotto di Montecarlo. «Sarà un 25 aprile di lotta, venite tutte e tutti, c’è bisogno di una grande mobilitazione popolare», è l’appello della Schlein. Finisce così, e nessuno guasta l’atmosfera partigiana chiedendo se sia normale, per la leader del Pd, farsi sponsorizzare da uno che paga le imposte in Svizzera.

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