Meloni alla Cgil? "Se qualcuno trova qualcosa di fascista...": sinistra muta
Eccola qui. Non vedeva l’ora di mettere i piedi fuori dall’abitacolo. Guarda in sé stessa e fuori, gli altri. Vede Maurizio Landini, che le si fa vicino sorridente sventolando la cravatta rossa. Si sente meglio di sempre, Giorgia Meloni. Prima ancora che incontrare i reparti d'attacco dell'opposizione – e chi più dei delegati del congresso nazionale della Cgil potrebbe esserlo- Giorgia Meloni ha incontrato il proprio fuoco interiore, cuore e ragione in movimentato equilibrio. In questi cinque mesi da premier, in tanti hanno cercato di educarla, dentro e fuori la cerchia dei suoi consiglieri, proponendole di indossare una veste che non è sua: quella di persona-istituzione, come se fosse un'altra Giorgia. Dunque meno irruenta, più circospetta, meno esposta al vento dell’imprevedibile. Ieri si è capito, e lo ha compreso soprattutto la ragazza della Garbatella, che lei è persona-istituzione proprio perché è quella Giorgia lì. Non rinuncia alla propria storia, non accomoda le sue idee per trovarvi antiche tonalità di rosso, come già un certo Mussolini. Ha deciso di non mettere mai tra parentesi pensieri e sentimenti. E che rispetta quelli degli altri, persino quando sono incazzosi nei suoi confronti. E li affronta.
C’era chi – ne abbiamo notizia – ha cercato di spingerla, davanti a contestazioni annunciate, a dare forfait, trovando parole di comprensione per Landini, e spiegando di non voler essere occasione di provocazioni. Ha ascoltato il proprio istinto, la vocina carismatica che l’ha fatta essere dov’è: a Cutro avrebbe voluto arrivare nelle ore successive, lei ha rischiato di annegare quand'era piccina, salva per miracolo, si è identificata coi bambini afghani e le bambine somale. Le hanno detto non era il caso andasse lì con quel clima creato dallo stampa. Fregarsene. Avrebbe dovuto fregarsene. Fischi, minacce? Lo dirà anche qui alla platea più distante da lei quanto a orizzonti ideali: «È da quando ho sedici anni che prendo fischi. Sono Cavaliere al merito dei fischi».
Dunque eccola a Rimini. La accoglie sulla soglia il segretario generale Maurizio Landini. Tra i due a essere costretto a mascherare la tensione è proprio lui, uomo rotto a tutte le piazze e ai tamburi delle fabbriche occupate. Introduce questa presenza assolutamente aliena, tremendamente impensabile. Lui spiega ai “suoi” e anche allo sparuto gruppo di contestatori a favore di telecamera, il quarto d’ora di gloria, in che senso la signora è stata chiamata qui.
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LA SVENTURATA RISPOSE
«Ho telefonato all’onorevole Giorgia Meloni». Piccola pausa. Sottinteso manzoniano: la sventurata rispose. Chiarisce Landini: «L’ho invitata e ha detto di sì come presidente del Consiglio». Aggiunge dopo un istante: «Del nostro governo». Dice proprio “nostro”. Landini voleva dire: non è qui come fascista o ex fascista, fate voi, questo suo aspetto non ci riguarda, lasciamolo fuori. Giorgia Meloni invece ha rifiutato questa scomposizione schizoide del suo “io”. La sua provenienza la contrappone al vissuto militante dei quadri sindacali rossi? Ottima cosa. «La contrapposizione» è ricchezza della nazione. Il dialogo e l’ascolto non esigono l’attenuazione delle rispettive istanze. La coscienza di appartenere alla stessa nazione, di contribuire, partendo da certezze diverse, «all’unità» e al «comune destino» è ciò che consente la presenza di lei, proprio lei, lì. Non tiene un comizio. Ha letto con cura le due ore di relazione di Landini. Constata che nulla di quel che ha fatto il governo, salvo la considerazione perla terza età, va bene alla Cgil. Ed ecco qui vi dico perché Landini sbaglia e io sto ferma sulle mie determinazioni, contro il reddito di cittadinanza e il salario minimo. Non è questo il modo per contrastare «il ritardo dei salari italiani ... che non crescono da trent’anni, da quando non esistevano i cellulari» e «sono gli unici in Europa più bassi che nel Novanta».
CRESCITA ECONOMICA
La risposta è «puntare tutto sulla crescita economica. Veniamo da un mondo in cui si pensava di abolire la povertà e creare lavoro per decreto. Oggi qualcuno chiede che sia lo Stato, per legge, per decreto a creare un salario elevato. Ma le cose non stanno così e lo abbiamo visto: la ricchezza la creano le aziende e i loro lavoratori, lo Stato deve fare le regole. E la sfida è mettere aziende e lavoratori nelle condizioni migliori per crearla e farla riverberare su tutti». Stessi criteri stanno «alla base della riforma fiscale che a mio avviso è stata frettolosamente bocciata da alcuni», e qui si riferisce proprio al sindacato. Fischi ovvi, diremmo quasi di cortesia, per dimostrare l'esistenza in vita di una sana ostilità. Che soddisfazione essere sé stessa. Non avere filtri mediatici, ammortizzatori, reti di protezione, paracaduti invisibili a cui appendersi in caso di siluro nemico. Non c’era uscita di sicurezza, non l’ha voluta. Si è consegnata alla «contrapposizione», senza smussarla, senza concedere nulla salvo il rispetto. Ha esordito con una battuta favolosa. Ha ringraziato tutta la Cgil, anche «chi mi ha contestato con slogan efficaci, anche se non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica».
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SENZA PREGIUDIZI
Si riferiva al «pensati sgradita», lo slogan ispirato all’esibizione a San Remo dell’influencer, esposto sul retro delle magliette di chi riteneva un affronto orrendo ospitarla in casa propria. Che lezione di stile. Non ha concesso niente, e ha dato tutto. Ha fornito la propria idea di unità, che regge anche quando è necessario lo scontro delle posizioni,. Ha detto: «La contrapposizione ha un ruolo educativo. Spinge all'unità come interesse superiore, il comune destino che dà un senso alla contrapposizione. Noi lavoriamo tutti secondo le nostre differenti convinzioni con lo stesso obiettivo di bene comune all'interno della stessa nazione». Conclude dopo aver lanciato una sfilza di no alle tesi cigielline: «Rivendicate senza sconti le vostre istanze. A volte saremo d’accordo a volte ci scontreremo. Da parte mia vi garantisco e mi impegno ad ascoltarvi senza pregiudizi. Grazie». Timidi applausi. Rispetto. Se qualcuno trova qualcosa di fascista, comunista, totalitario, illiberale, opportunista, buonista, populista o cattivista in questa filosofia e prassi politica, ce lo spieghi e gli mandiamo un ticket per l'aperitivo. Ieri Giorgia Meloni è stata presidente del Consiglio di tutti gli italiani, anche di quelli che la detestano.
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