FdI, il partigiano si iscrive al partito della Meloni: sinistra in tilt
Angelo Galtieri, segnatevi nome e cognome, perché siamo in presenza di un eroe postmoderno. Uno che le ideologie non le supera, le tritura, un bucaniere del pensiero che esplora logiche non binarie e intaglia geometrie politiche non euclidee, un giocatore di roulette che fa saltare il banco. Rosso o nero? Entrambi. E il croupier rimane lì, a bocca aperta, incerto se chiamare la sicurezza o riconoscere il genio. Angelo Galtieri è il vicesindaco di Alassio, cittadina affacciata sul Mar Ligure, turismo tranquillo e borghese. E forse Galtieri aveva in mente proprio questo, voleva “épater le bourgeois”, come un Baudelaire rivierasco al tempo di Tik Tok. Sta di fatto che il nostro ha annunciato la propria iscrizione a Fratelli d’Italia, per cui correrà alle prossime Comunali. La tessera meloniana, nel portafoglio del Galtieri, convivrà con un’altra tessera, quella dell’Anpi. Sì, quell’Associazione Nazionale partigiani d’Italia il cui presidente Gianfranco Pagliarulo, già comunista di ortodossia cossuttiana, ha dichiarato una decina di giorni fa: «Ci sono i fascisti, che evidentemente si sentono protetti e coperti da questo governo. Sia chiaro, non tutti i ministri sono uguali, non facciamo di tutte le erbe un fascio. Ma i fasci ci sono davvero!».
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Capite, la sparigliata concettuale del vicesindaco? Stare contemporaneamente con la Meloni e con Pagliarulo, un colpo di tacco del senso, una pagina nuova di letteratura, non è Jekyll & Hyde, è Jekyll & Hyde nello stesso momento. «Sì, sono iscritto all’Anpi», dichiara Galtieri al Fatto (secondo cui in realtà lo risulterebbe fino al 2022, ndr), «e da pochi giorni a Fratelli d’Italia. Ma non vedo nessun conflitto tra le due cose». O meglio, scavando nel proprio percorso interiore: «In effetti mi sono domandato se ci fossero conflitti, così ho letto entrambi gli statuti. E posso dire che sono ispirati ai principi di democrazia e libertà. Quindi no, lo confermo, non ci sono conflitti».
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CONTRO I TOTALITARISMI
Certo che lo può dire, ci mancherebbe, l’essenza del postmoderno è che si può dire tutto, e il suo contrario. Dovrebbe però anche dire al presidente dell’associazione a cui è iscritto che no, il presidente del partito a cui è iscritto non è la reincarnazione femminile del Duce, che gli oppositori non sono obbligati a trangugiare olio di ricino e la Schlein non rischia la fine di Matteotti, che «i fasci» non «ci sono davvero». Perché poi la situazione del Belpaese è talmente ingarbugliata, si balla talmente in bilico sul paradosso, che alcune analisi di Galtieri, il doppio tesserato FdI-Anpi, finiscono per essere azzeccatissime: «Se mi dichiaro antifascista? Sì, anche se più correttamente direi che sono contro qualunque forma di totalitarismo. Anche chi è iscritto all’Anpi lo deve essere». Hai mille volte ragione, vicesindaco, l’unico antifascismo non ossimorico è quello che s’inscrive nella generale ripulsa liberale per qualunque Partito Unico che si faccia Stato e cancelli la libertà individuale. Solo che in Italia, almeno quella che si estende fuori dalla giurisdizione di Alassio, l’Anpi ha sempre gridato allo scandalo ogni volta che qualcuno rilanciava un’ovvietà, l’equivalenza storiografica tra la croce uncinata e la falce e martello.
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Non a caso, sempre l’Anpi bolla come guerrafondai coloro che vogliono opporsi al revanscismo tardosovietico del guerrafondaio Putin. Tra i quali spicca in prima fila Giorgia Meloni. La convincerà a fare la tessera partigiana, provoca il giornalista. «No, non mi permetterei mai. È una sua libera scelta», risponde uno stralunato Galtieri, prendendo sul serio la sua stessa goliardia. E lì capisci che la doppia iscrizione, che a noi esalta come atto gratuito e surrealista, trionfo dell’immaginazione, nella realtà potrebbe innescare una conseguenza assai prosaica e sgradevole per il Galtieri, ovvero che entrambe le parti si incazzino di brutto con lui.