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Ius soli, se adesso la sinistra si mette a insegnarlo a scuola

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Corrado Ocone
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«Dalla cattedra non si fa politica»: così ai primi del Novecento ammoniva Max Weber quei suoi colleghi universitari, i cosiddetti “socialisti della cattedra”, che usavano le lezioni per fare propaganda. A maggior ragione, politica non dovrebbe farsi nelle scuole, ove i discenti non hanno ancora raggiunto la maggiore età e gli insegnanti hanno il solo compito di far maturare in un’ottica pluralistica il loro spirito critico. D’altronde, «l’imparzialità della pubblica amministrazione» è solennemente affermata dalla nostra Costituzione, all’articolo 97. Ma probabilmente c’è in Italia una costituzione materiale che ha in spregio quella formale se può accadere che questi sacri principi siano impunemente ignorati quando a violarli è una parte politica “privilegiata”, quella sinistra che dà lezioni di democrazia a tutti e si erge a difensore unico delle istituzioni repubblicane.



IN BARBA ALLO STATO
Ad attestare ancora una volta la verità di queste riflessioni è la scandalosa notizia che giunge da Bologna: la giunta di sinistra, dopo aver introdotto qualche mese fa nello Statuto cittadino, il principio dello ius soli, ha deciso di organizzare un ciclo di incontri nelle scuole per promuovere questa sua iniziativa. Ieri mattina è stato il sindaco in persona, Matteo Lepore, ad incontrare i ragazzi dell’Istituto Lipparini per annunciare in pompa magna che sono già stati messi in programma altri dodici incontri di questo tipo. Già da qualche mese era poi partita una imponente campagna promozionale con lo slogan «Bolognesi dal primo giorno» «a conferma», sono le parole del sindaco «dell’impegno del Comune nel promuovere il diritto di cittadinanza per chi nasce o cresce nella nostra città». In sostanza, ai ragazzi verrà inculcata, senza confronto o contraddittorio, un’idea radicale di cittadinanza che è minoritaria fra gli italiani e che non è mai passata in Parlamento tutte le volte che è stata proposta. Assisteremo così, presumibilmente nell’indifferenza generale, a un organo dello Stato che si farà promotore di un’iniziativa che non è legge dello Stato!


Qui non si tratta di essere a favore o contro lo ius soli, o il più moderato ius scholae, ma di mettere dei puntini sulle i, di far capire a questi signori che i principi costituzionali non possono essere violati a seconda dei casi e che una cosa sono le istituzioni e un’altra la vita politica. Dove questa distinzione si perde, trionfa l’ideologia e la democrazia finisce per svuotarsi di significato. C’è un filo rosso, fra l’altro, che lega questa vicenda bolognese a quella della preside di Firenze che qualche settimana fa, dimentica dell’alta responsabilità che il suo ruolo esige, aveva collegato, in una circolare ai suoi studenti, certi episodi di violenza giovanile, fra l’altro tendenziosamente interpretati, al governo in carica e persino alle sue politiche di contrasto all’immigrazione clandestina (il che non c’entrava un bel fico secco). In entrambi i casi le istituzioni sono considerate proprietà di una parte politica, proprio come accade nei regimi totalitari. Il ministro Giuseppe Valditara, che aveva provato a mettere in evidenza la grave sgrammaticatura istituzionale, non solo non aveva avuto ascolto ma era stato fatto oggetto di accuse da parte di tutta la sinistra che si era stretta a cerchio in difesa della preside.



IN BUONA COMPAGNIA
È da immaginare che lo stesso accadrà anche questa volta, tanto più che l’iniziativa parte da quel Matteo Lepore che è uno dei “capibastone” del potere del Pd. Il quale, fra l’altro, non è nuovo a iniziative fortemente ideologiche e che solo qualche giorno fa si era distinto per un’altra bravata: la soppressione della parola “patriota” dalle targhe municipali dedicate agli uomini della Resistenza. Se poi mettiamo insieme l’iniziativa bolognese a quella che a Milano vede il sindaco Beppe Sala impegnato a certificare i matrimoni omosessuali, la conclusione da trarre è che la sinistra si stia servendo dei suoi amministratori locali per combattere la destra in modo radicale. E poco importa se questo significhi andare contro le leggi dello Stato e contro la stessa volontà della maggioranza degli italiani. Il vecchio vizio di sentirsi “dalla parte giusta” della storia e di voler fare il “bene“ del popolo anche contro la sua volontà non accenna a morire a sinistra, anche se ora si presenta nella veste postmoderna dei cosiddetti “diritti”. E poi chiamano gli altri fascisti! 

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