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Auto elettrica, la fronda guidata da Salvini si allarga: chi dice "no"

Salvatore Dama
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Otto ministri si oppongono alla messa al bando dei motori benzina e diesel dal 2035. Si tratta dei titolari del Trasporti di Repubblica Ceca, Italia, Germania, Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Portogallo. Riuniti - chi in presenza, chi in collegamento - ieri a Strasburgo. È qualcosa di più di una fronda, visto il peso dei Paesi seduti al tavolo. Si configura piuttosto una spaccatura in sede comunitaria. Perché gli otto, oltre alla difesa dei motori termici, hanno ribadito anche la “netta contrarietà” al Regolamento Euro 7, espresso «grande irritazione» per la chiusura al dialogo da parte della Commissione, a partire dallo stesso vicepresidente Timmermans, confermato "dubbi e forti perplessità" sul dossier CO2. E intanto anche l’Austria, come annunciato dal cancelliere Nehammer, è pronta a votare contro.

BIOCARBURANTI
Al tavolo per l’Italia c’era Matteo Salvini. Che ha ribadito «grande soddisfazione» per l’incontro, sottolineando l’esigenza «di difendere posti di lavoro e imprese», senza dimenticare «la necessità di essere indipendenti dalla Cina» che è leader incontrastata dell’elettrico, ma che inquina molto di più rispetto all’Europa, la quale deve puntare anche sui biocarburanti. Sempre il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, riferiscono fonti del dicastero, ha sottolineato che i titolari dei Trasporti non dovranno più subire scelte calate da commissari che si occupano di altri temi, come successo per lo stop ai motori tradizionali dal 2035. E ha evidenziato «la schizofrenia dell’Europa», che da una parte accelera sull’elettrico e dall’altra boccia il nucleare come fonte energetica green.

«È stato un primo incontro contro gli standard Euro 7 che riteniamo irrealistici e che vorremmo poter modificare nei prossimi mesi», ha spiegato il ministro ceco, Martin Kupka. «Lo riteniamo anche dannoso per l’ambiente perché, con l’aumento dei costi delle auto, non favorirà l’aggiornamento delle flotte. Meno persone potranno permettersi di cambiare auto», ha spiegato. Nell’incontro, ha evidenziato il ministro, sono stati trattati anche l'inserimento dell’esenzione dei carburanti sintetici dal target del 2035 e le nuove norme di riduzione delle emissioni per i mezzi pesanti. Al termine della riunione Salvini è tornato a spiegare le sue ragioni: «Solo elettrico significa fare un regalo alla Cina: licenziare in Italia, licenziare in Europa, non aiutare l’ambiente e mettersi mani e piedi alla potenza cinese. Quindi la transizione ecologica è fondamentale, però non va avanti a colpi di multe, di divieti, di obblighi, di penalizzazioni e di tasse. Questo sia sulla casa che sulle auto. Quindi evviva la transizione ecologica e ambientale, ma accompagnata, incentivata, spiegata, non imposta per legge da Bruxelles sulla testa, il portafoglio degli italiani, sulla loro casa e sulla loro auto dalla sera alla mattina».

La presenta della Germania al tavolo dei “No-2035” incrina l’asse con la Francia. Che invece è favorevole a un’accelerazione della transizione: «Siamo in ritardo di cinque o dieci anni rispetto alla Cina nelle auto elettriche, è necessario fare investimenti per recuperare», ha dichiarato il ministro dell’Economia Bruno Le Maire. Chi vuole rallentare il cammino, come la Germania, commette un errore: «È contraddittorio e pericoloso dal punto di vista industriale». La Commissione Ue si è chiamata fuori: «Non partecipiamo all’incontro di diversi ministri dei Trasporti»”, ha dichiarato la portavoce Dana Spinant. Mentre il commissario europeo all’Industria Thierry Breton precisa che la decisione europea non significa lo stop assoluto dei motori tradizionali: «Siamo 440 milioni di abitanti» nell’Ue «su un pianeta che presto sarà di 9 miliardi di abitanti», e tutti i Paesi «non diventeranno elettrici contemporaneamente». Nel 2035 «ci sarà ancora il 70% dei motori termici sul pianeta».

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