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Giorgia Meloni, la sinistra la processa anche se vede Netanyahu

Renato Farina
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Esiste una lista di proscrizione. Chi l’abbia stesa e dove sia depositata non sappiamo. Ma che ci sia non c’è dubbio. Tanto che qualche frammento significativo è apparso ieri su Il Domani in prima pagina. Vi sono segnati i nomi di Paesi e uomini di governo off limits per Giorgia Meloni. Il perché ufficialmente, secondo Mattia Ferraresi, di solito equilibrato, sta nei connotati impresentabili di presidenti e premier in deficit di democrazia, e per questo da isolare come lebbrosi, come del resto starebbero facendo tutti i bravi politici del mondo.

Sapevamo già di Ungheria e Polonia, considerate pressoché demoniache causa la negazione del cosiddetto “diritto di aborto”, ma trattate da qualche tempo con una certa bonomìa dato il gradimento americano alle posizioni filo occidentali dei loro governi.

 

 

LE ACCUSE - Adesso, dimenticati per un istante Orban e Kaczynski, tocca a India e Israele e ai loro rispettivi leader, Narendra Modi e Benjamin Netanyahu a essere marchiati come infrequentabili. E dunque ha sbagliato la nostra premier: 1) a recarsi a New Delhi incontrando il presidente colpevole di coltivare un «modello identitario-nazionalista», di aver cercato di bloccare un documentario della BBC a lui avverso; 2) a ricevere, mentre in patria è contestato da «proteste e manifestazioni oceaniche», l’eterno Bibi, presidente del Consiglio dello Stato ebraico per circa 15 anni, e «srotolargli il tappeto rosso» (quello nero era meglio?), poiché non piace alla Casa Bianca per il supposto tentativo di minare l’indipendenza dei giudici, secondo quello che Ferraresi definisce il «classico schema ungherese-polacco».
In questa presa di posizione ostile c’è un non detto che non si fa fatica a rilevare: la prima della lista in quell’elenco di gente pericolosa per la libertà è Giorgia Meloni. Se fosse un altro, o meglio ancora un’altra, tipo Elly Schlein, potrebbe eccome, perché al di sopra di qualsiasi sospetto.

Il Domani, a nome e per conto della sinistra ammodo, dfa come quei bambini che per invidia della più brava della classe ne parlano male alla maestra. In questo caso il destinatario della segnalazione è l’America, un chiaro invito a diffidare dell’Italia perché chi la governa visita Modi e apre le porte di Palazzo Chigi a Netanyahu, non perché rappresentano il primo la più grande democrazia del mondo, e il secondo l’unica democrazia del Medio Oriente. Per il Domani questi sono particolari trascurati e trascurabili. In realtà Meloni intende praticare in Italia il «nazionalismo identitario» di Modi con annessa persecuzione di musulmani e censura di giornali ostili; e copiare da Bibi la presunta volontà di asservire la magistratura, con «la compressione del potere giudiziario». Un processo alle intenzioni da mago delle coscienze, una professione molto praticata nella terra del voodoo.

 

 

CORTEGGIAMENTO - Tutto questo è costruito su dati di fatto falsi. L’India da escludere dal circuito democratico? Scrive Federico Rampini che gira e conosce il mondo e le cancellerie della galassia dice esattamente il contrario: «Tutti corteggiano l’India, che è diventata la portavoce più influente del cosiddetto “grande Sud globale”, una versione aggiornata del movimento dei non allineati che proprio un indiano, il premier dell’indipendenza Nehru, portò a battesimo nel 1955». C’è un via vai di ministri statunitensi. E il premier tedesco Scholz ha preceduto di qualche giorno la Meloni a New Delhi. Ma lui può perché socialdemocratico? L’India oggi è alla testa del G20. Dal punto di vista geopolitico è una chiara alternativa all’egemonia cinese, di cui ha superato la popolazione, e con la quale ha conflitti infiniti per questioni di confine. Ha superato il Pil della Gran Bretagna, di cui era stata colonia fino al 1947. È un muro contro il terrorismo islamico finanziato dal Pakistan. Certo non aderisce alle sanzioni contro la Russia, da cui compra gas a prezzi scontati, ma coltivare rapporti privilegiati con Modi è una chance importante anche per ristabilire la pace sui confini orientali dell’Europa. Quanto a Israele è un Paese moralmente decisivo perla sicurezza europea. Intromettersi nelle questioni interne, mettendosi a fare i maestrini a noi pare temerario. Siamo in attesa di scoprire i prossimi Paesi della lista di proscrizione. A proposito il Papa a fine mese va in Ungheria e vede Orban. Si è orbanizzato anche lui? Merita una bella reprimenda su Il Domani. 

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