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Covid, la sinistra ha usato la pandemia per fare politica

Iuri Maria Prado
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Il consorzio autoritario stretto e perpetuato dalla sinistra con i fascistelli del movimento 5Stelle durante la pandemia non si ispirava a mettere in campo nessuna vera politica, fosse pure sbagliata, per il contenimento dell’infezione: al contrario, ciò che informava e rinforzava quell’alleanza era la pratica di usare il Covid per fare politica. Per avvedersene, non serve nemmeno riferirsi alle farneticazioni del ministro della Delazione, Roberto Speranza, che nel suo libro sottratto alle stampe preconizzava una rifondazione dell’egemonia culturale di sinistra sulla scorta di quel sistema emergenzial-paternalistico, il protocollo dello Stato etico che ingiungeva ai sudditi di sottomettersi alle verità indiscutibili dell’Italia affidata all’imperio dei supercommissari e del capo del governo che mandava in desuetudine a suon di Dpcm il sistema democratico rappresentativo. 

Bastava guardare a come quella schiatta di colonnelli democratici pretendeva di ispirare il proprio operato all’indiscutibilità della “scienza”, vale a dire la buffoneria dei virologi da talk show posta a copertura del lavoro a casaccio dei governanti che cercavano assoluzione nel segreto apposto sui verbali dei comitati tecnico-scientifici.

 

Lo abbiamo già scritto, ma vale la pena di ripeterlo: nessun processo a quella feccia tanto impettita quanto irresponsabile sarebbe adatto al rendiconto dovuto, e cioè a chiamare in causa le colpe politiche e costituzionali molto più importanti che in nome della “salute” hanno ridotto il Paese per un paio di anni a una landa senza diritto, governata da un potere appaltato alla prepotenza dell’approssimazione, del terrore millenaristico che scaricava sul funerale troppo partecipato e sulle salsicce delle grigliate non autorizzate le inefficienze di un’amministrazione lassista quando non doveva e punitiva quando non serviva.

Il rischio è che adesso, con i processi che una volta chiudono il discorso e una volta buttano in là il pallone delle possibili responsabilità penali, ci si dimentichi del punto essenziale: e cioè del fatto che durante quel buio periodo della nostra democrazia non si è registrata solo quella somma paurosa di lutti, ma l’azione di un potere che ne ha fatto uso in modo politicamente criminale per giustificare la propria inadeguatezza e per imporre un sistema di governo molto più dannoso della malattia che voleva debellare. 

 

Ricordiamocela, la magnificazione del “modello italiano”. Ricordiamocela nei convegni organizzati dal damerino in pochette a Villa Pamphili, mentre sulle nostre strade scorrazzavano i convogli dei militari russi e mentre la propaganda di Pechino raccontava che l’Italia, dal balcone, cantava il suo grazie all’aiuto cinese. Ricordiamoci di tutto questo, se non vogliamo ricaderci.

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